Il debutto di J.W. Anderson
Dior Homme SS26 – C’è una data che il mondo della moda attendeva con febbrile curiosità: 27 giugno 2025, il giorno in cui J.W. Andersonha presentato la sua prima collezione per Dior, inaugurando ufficialmente una nuova era per la maison francese. La sfilata uomo per la SS26 ha segnato non solo l’avvio di un nuovo corso estetico, ma anche un momento simbolico di passaggio per uno dei brand più iconici del lusso mondiale.
In seno alla maison parigina è in corso una trasformazione radicale. Jonathan Anderson, acclamato direttore creativo di Loewe, ora è a capo di tutte le linee Dior, in una sfida creativa senza precedenti. La sua nomina ha suscitato entusiasmo e aspettative altissime: da anni lo stilista irlandese ha ridefinito l’eleganza contemporanea con il suo linguaggio sofisticato, teatrale, concettuale. Ora, chiamato a confrontarsi con l’immenso archivio Dior, con la responsabilità di dare forma al futuro del brand, Anderson è al centro di un cambiamento epocale.
La posta in gioco è altissima: non solo occuparsi di una produzione intensa di collezioni, ma anche rileggere in chiave contemporanea un patrimonio stilistico tra i più imponenti del XX e XXI secolo. L’eredità di Christian Dior, di John Galliano, Raf Simons, e più recentemente di Maria Grazia Chiuri, pesa come una corona, ma rappresenta anche una fonte inesauribile di ispirazione. Il mondo della moda è in una fase di ridefinizione profonda e Dior, con il suo potenziale culturale e commerciale, ha il compito di guidare questa transizione.
La costruzione della moodboard
Fin dalle prime immagini teaser condivise da Anderson sui social, era chiaro che il suo approccio sarebbe stato profondamente meta-culturale. Nei suoi riferimenti visivi trovano spazio icone trasversali come Jean-Michel Basquiat, emblema del linguaggio urbano e del postmodernismo americano, o Lee Radziwill, socialite e sorella minore di Jacqueline Kennedy, simbolo di un’eleganza aristocratica e borghese. A fare da ponte tra questi poli opposti: Andy Warhol, che li ha ritratti entrambi, e che rappresenta quella dimensione pop, ironica e colta che da sempre Anderson ama corteggiare.
Un altro dettaglio significativo è la borsa cult reinterpretata: la Book Tote di Dior, firmata originariamente da Chiuri, ora riappare con una veste nuova, ibridata con la grafica delle copertine di grandi classici della letteratura. Dracula di Bram Stoker, Les Liaisons Dangereuses di Choderlos de Laclos e un’inedita versione “Dior by Dior” stampata su tela diventano pattern narrativi e simbolici, tra fashion e storytelling. È moda che legge il mondo, nel senso letterale del termine.
L’invito allo show Dior Homme SS26: un’operazione d’archivio
Per il debutto, anche l’invito allo show è stato concepito come oggetto concettuale. Anderson ha scelto di ristampare una targa trompe-l’œil del 1975 trovata negli archivi Dior e l’ha trasformata in un elegante piatto in ceramica, custodito in una scatola grigia firmata con il logo della maison. Sul piatto, tre uova madreperlacee, enigmatiche e simboliche, in perfetto stile Anderson: fragili ma pregne di significato, tra nascita e potenziale trasformazione.
Kylian Mbappé: il primo volto Dior della nuova era
In parallelo, Anderson ha svelato il nuovo ambassador ufficiale Dior sotto la sua direzione: Kylian Mbappé. Il calciatore francese, già volto della maison dal 2021, è stato ora scelto come protagonista della prima campagna della Dior by Anderson. Un segnale forte: Anderson si allontana dalle muse dello star system hollywoodiano o musicale, e sceglie un idolo dello sport, simbolo della nuova mascolinità globale.
Mbappé appare in due look contrapposti ma perfettamente Andersoniani: da un lato un completo preppy in camicia azzurra a righe e blazer grigio con cravatta rossa e blu, dall’altro uno smoking nero essenziale, completato da papillon, per sottolineare il rigore sartoriale e la teatralità minimale della nuova linea. In lui si incarna la tensione tra formalismo e libertà, tra performance atletica e controllo estetico: il nuovo uomo Dior.


La Collezione SS26 di Dior Homme
C’è qualcosa di profondamente silenzioso, e proprio per questo potente, nell’esordio di Jonathan Anderson alla guida della linea uomo di Dior. Nessuna spettacolarizzazione, nessun colpo di teatro: il suo ingresso nella storica Maison francese si compie in punta di piedi, scegliendo l’equilibrio al posto della rottura, l’eleganza come linguaggio per iniziare – con rispetto – un nuovo dialogo con la storia.
Il contesto è eloquente. La sfilata prende vita all’interno di una grande architettura grigia (colore che entra tra i primari della palette) che richiama la quiete museale della Gemäldegalerie di Berlino. Alle pareti, due nature morte di Chardin evocano un’intimità borghese fatta di piccoli gesti e quotidianità sublimata. È in questo spazio sospeso che si sviluppa una collezione composta, raffinata, stratificata. Anderson non forza la mano: rilegge, trasforma, suggerisce.
Tradizione o innovazione
Dal primo look il messaggio è chiaro. Una giacca Bar doppiopetto, verde con revers in raso nero, chiusa da due bottoni bassi, si abbina a bermuda con pieghe posteriori che richiamano il New Look del 1947. Un’eco della storia Dior, reinterpretata in chiave maschile e contemporanea, senza cadere nella nostalgia.
Le giacche si allungano fino a diventare frac o tight in velluto. I cappotti si aprono in pieghe ingegneristiche che seguono il corpo con grazia. Gilet a quadri, marsine militari, cappe in lana ispirate all’abbigliamento ottocentesco: ogni elemento parla di forma e funzione, senza mai indulgere nel decorativismo fine a sé stesso.
La palette cromatica è sorprendente: ai toni classici del guardaroba maschile (nero, grigio, beige, celeste) si affiancano accenti inaspettati come verde menta, rosa confetto, geranio. Richiami al mondo delle prep school d’élite che si riflettono anche nelle nuove uniformi del personale, ora grigie, segnate da un logo ridotto alla sola “D”. Un dettaglio che dice molto.
Sguardo al futuro
Il casting ha fatto discutere. Anderson punta dritto su Generazione Alpha e nepo baby – figli di celebrità, influencer, creativi – non solo come volti di comunicazione, ma come nuovo pubblico da coinvolgere. Una scelta strategica, culturale e commerciale, che risponde a un panorama internazionale sempre più complesso.
In passerella, i modelli portano foulard leggeri, cravattini à la Régence, lunghe sciarpe impalpabili, piccoli accessori che suggeriscono un ritorno al dandysmo, ma in chiave essenziale, mai teatrale.
In prima fila, ospiti come Donatella Versace, Pierpaolo Piccioli, Silvia Venturini Fendi e Rihanna – apparsa in un cappotto ricamato che ha subito fatto il giro del web – confermano l’attenzione globale per questo nuovo corso.
Un’estetica colta
A sigillare questa visione, alcuni dettagli: la Dior Book Tote stampata con le copertine di Les Fleurs du Mal e A sangue freddo, due titoli che rivelano l’intenzione di parlare a un pubblico colto, curioso, abituato a muoversi tra moda, cultura e lifestyle post-digitale.
Il debutto di Anderson non cerca l’applauso facile. È un inizio misurato, calibrato, che segna un cambio di passo senza bisogno di proclami. Un primo capitolo promettente, in attesa della prossima collezione donna.
Per ora, è chiaro che il vero potere non ha bisogno di gridare. Si esprime con precisione, lascia spazio, e fa rumore proprio quando sceglie il silenzio.




