Maison Margiela Artisanal 2025

Il debutto di Glenn Martens e la decadenza contemporanea

Parigi, settimana dell’haute couture. In un clima sospeso tra aspettativa e reverenza, Glenn Martens firma il suo attesissimo debutto alla direzione creativa della linea Artisanal di Maison Margiela. Una collezione che non si limita a un esercizio di stile, ma si impone come manifesto poetico e visivo di una nuova sensibilità: fragile, malinconica, tagliente, contemporanea.

La linea Artisanal, fondata nel 1989 e dal 2006 inserita ufficialmente nel calendario dell’haute couture, è da sempre il laboratorio più sperimentale e concettuale della Maison. In questo spazio creativo, oggi Martens compie un gesto radicale: rompe le regole per rivelare nuove possibilità estetiche, scava nei codici della decadenza per raccontare il nostro presente.

Una sinfonia gotica di materiali, ricordi e visioni

La collezione Artisanal 2025 è un’opera totale. Ogni capo è un frammento di racconto che riflette l’inquietudine e l’ironia dei nostri tempi. Le silhouettes, rigorose e visionarie, evocano torri gotiche e figure sacre scolpite nella pietra. I volumi sono scultorei, spesso modulari, realizzati con tecniche couture ma destrutturati nella forma e nell’intento.

Martens si muove tra materiali inusuali e lavorazioni sorprendenti. I tessuti sembrano appartenere a un mondo immaginario: ricami metallici che creano armature flessibili, tele dipinte a mano ispirate ai fiamminghi del XVII secolo, pizzi modellati come cemento, denim trattato fino a diventare un trompe-l’œil. La pelle goffrata imita carte da parati floreali, mentre i collage di nature morte olandesi si moltiplicano su soprabiti e mantelli.

C’è anche il gesto iconico della maschera, introdotto da Margiela nel 1989 e oggi reimmaginato da Martens: non un accessorio decorativo, ma un elemento che sposta lo sguardo, costringendo l’osservatore a concentrarsi sull’abito e non sul corpo che lo indossa. Le maschere diventano dunque simbolo della sottrazione, dell’anonimato elevato ad atto poetico.

Le Centquatre: il teatro della rovina

La sfilata si svolge in un luogo emblematico: Le Centquatre, nel nord di Parigi. Uno spazio post-industriale trasformato per l’occasione in un teatro della rovina. Finte lastre di marmo usurate, pareti tappezzate da collage fotografici di interni borghesi ormai svuotati, pavimenti crepati: tutto parla di una bellezza passata, consumata, eppure ancora capace di commuovere.

Sulle note di Disarm degli Smashing Pumpkins, la passerella diventa rito e narrazione. L’atmosfera è sospesa tra nostalgia e avanguardia, tra l’eco di Galliano e il nuovo vocabolario visivo che Martens sta lentamente costruendo.

Dalla rilettura degli oggetti alla rivoluzione materica

Non è solo una questione di estetica. Martens si misura con la tradizione della Maison e con le sue provocazioni storiche. Reinterpreta l’idea di oggetto quotidiano, trasforma jeans, tailleur e cappotti in nuove icone. Ma lo fa spingendo al limite le possibilità del materiale: piume iridescenti diventano strutture architettoniche, la seta si indurisce in drappeggi scultorei, il pizzo si contorce in texture che sembrano cemento armato.

Tutto è frutto di un lavoro di ricerca meticoloso, quasi ossessivo, lontano dai luccichii prevedibili che spesso affollano le passerelle couture. Niente paillettes, niente cristalli. La bellezza, qui, è nella complessità, nell’intelligenza, nella costruzione.

Una nuova era per la Maison

Martens raccoglie un’eredità pesante. Essere il successore di John Galliano, a sua volta erede di Martin Margiela, non è un compito facile. Ma la sua prima Artisanal non tenta di imitare: piuttosto, prosegue un discorso. In perfetta continuità con lo spirito della Maison, Martens porta avanti l’idea che la moda possa essere un linguaggio concettuale, un’azione artistica, una riflessione culturale.

E lo fa con coraggio, senza accontentarsi del facile effetto. Con questa collezione, mostra la volontà di costruire un’estetica coerente ma nuova, dove l’artigianalità diventa gesto rivoluzionario. Non c’è bisogno di proclami: gli abiti parlano da soli.

In perfetta osservanza della tradizione della Maison, Glenn Martens non è uscito in passerella a fine show. Come non lo faceva Margiela. Come non lo faceva Galliano. La firma, qui, è nei dettagli. E nei dettagli di questa collezione c’è già tutta una nuova era.

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Maison Margiela Artisanal 2025

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