Il Grand Palais di Parigi celebra le frontiere nascoste della creatività
Dal 18 al 21 settembre 2025, il Grand Palais di Parigi ospita il Festival Art Brut, un evento unico dedicato alle forme marginali dell’arte.
In concomitanza con la chiusura della mostra Art Brut. Dans l’intimité d’une collection. La donation Decharme au Centre Pompidou, il festival trasforma il celebre edificio parigino in un laboratorio di incontri, proiezioni, performance e riflessioni.
Un laboratorio di incontri e riflessioni
Il festival si svolge tra il Salon Alexandre III e l’Auditorium Alexandre III. Per quattro giorni si susseguono conferenze, dibattiti, proiezioni cinematografiche, performance artistiche e momenti musicali. L’evento non è riservato solo agli specialisti: anche il grande pubblico è invitato a esplorare l’universo dell’art brut.
Questa forma d’arte nasce ai margini dei sistemi tradizionali. È caratterizzata da una creatività libera, non influenzata dalle regole del mercato o della storia dell’arte canonica. Il festival diventa così un laboratorio di sperimentazione, un luogo dove artisti, studiosi e appassionati possono confrontarsi e riflettere sul significato profondo dell’arte fuori dai confini ufficiali.
L’art brut: un’arte ai margini
L’art brut non è solo una categoria artistica. È un linguaggio dell’immaginazione, capace di restituire forme espressive uniche e sorprendenti. Gli artisti dell’art brut spesso vivono al di fuori della realtà ordinaria, guidati da un’urgenza comunicativa intensa. Creano mondi autonomi, reinterpretano spazio e tempo, e danno vita a universi immaginativi che sfidano le regole tradizionali dell’arte.
Le proiezioni cinematografiche raccontano queste vite straordinarie. Ogni film mostra la complessità dei percorsi individuali, svelando le motivazioni, le tecniche e le visioni dei creatori. Lo spettatore è così invitato a osservare da vicino un’arte che nasce lontano dai circuiti ufficiali, ma che possiede una forza espressiva travolgente.
Accessibilità e dialogo
Uno dei principi fondamentali del festival è l’accessibilità. L’art brut non si rivolge solo a un pubblico colto o specialistico. L’obiettivo è abbattere le barriere linguistiche e culturali e restituire l’arte a una dimensione condivisa.
La manifestazione vede la partecipazione di figure chiave della scena culturale internazionale. Tra loro spiccano Bruno Decharme, collezionista di fama mondiale, e Barbara Safarova, studiosa e promotrice dell’art brut. Entrambi hanno contribuito in modo determinante alla valorizzazione di questa forma artistica.
I protagonisti del festival
Il programma include curatori, artisti, studiosi, psichiatri, antropologi e performer. Tra i nomi principali:
- Cristina Agostinelli, responsabile della sezione cinematografica del Centre Pompidou;
- Lucile Allanche, figlia dell’artista Jean Daniel Allanche;
- Manuel Anceau, scrittore e critico di art brut;
- Anne Benoit, attrice;
- Bernard Blistène, ex direttore del MNAM;
- Christophe Boulanger e Savine Faupin del LaM – Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut di Villeneuve d’Ascq;
- Jean-Pierre Klein, psichiatra e teorico dell’arteterapia;
- Corine Sombrun, esperta di trance cognitiva autoindotta.
Altri esperti provengono da istituzioni come il Palais de Tokyo, la Bibliothèque Kandinsky e la Galleria Nazionale di Praga. Questo variegato gruppo garantisce uno sguardo interdisciplinare, che unisce storia dell’arte, psicologia, antropologia e musica.
Il cinema dell’art brut
Il festival offre 27 proiezioni cinematografiche, tra documentari e opere a tema. Tra i titoli principali:
- Les couleurs du silence di Milka Assaf;
- Petit Pierre di Emmanuel Clot;
- Rouge ciel di Bruno Decharme;
- Film su Judith Scott, Richard Greaves e Shinishi Sawada.
Ogni film permette di approfondire la vita e l’opera degli artisti. Le proiezioni mostrano come l’art brut nasca spesso nel segreto, lontano dai circuiti ufficiali, e come riesca a trasformare esperienze personali in linguaggi universali.
Il festival include anche performance musicali. Tra i protagonisti, il collettivo Astéréotypie, nato all’interno dell’Institut médico-éducatif di Bourg-la-Reine. Il gruppo combina musica e vissuti personali, incarnando lo spirito creativo e libero dell’art brut.
La collezione Decharme
Al centro del festival c’è la collezione di Bruno Decharme, frutto di 45 anni di ricerche e scoperte. Più di 400 opere raccontano la forza creativa di artisti che hanno operato ai margini della società. Molti lavori sono stati scoperti per caso, altri grazie all’azione di amici o studiosi vicini agli artisti.
La mostra al Centre Pompidou propone un percorso caleidoscopico, dove temi, tecniche e storie si intrecciano come tessere di un mosaico. Il percorso include anche esperienze immersive in realtà virtuale ispirate all’opera di Henry Darger, con musiche di Philippe Cohen Solal.


