La fine dell’era Demna
La 54ª collezione Haute Couture di Balenciaga segna la conclusione di un’epoca. Demna, direttore creativo della maison dal 2015, ha presentato la sua ultima sfilata nell’intimità carica di significato dell’atelier parigino di Avenue George V. È il finale di un capitolo rivoluzionario per Balenciaga e per la moda tutta, scritto da un designer che ha saputo essere divisivo, provocatore, ma sempre necessario. A raccoglierne l’eredità sarà Pierpaolo Piccioli, presente nel front row accanto a François-Henri Pinault e alla CEO Francesca Bellettini, testimoni del simbolico passaggio di testimone.
Un’ovazione inaspettata, un’uscita sul finale – la prima per Demna – un abbraccio pubblico con Pinault. La standing ovation è inevitabile, e in quel gesto c’è tutto: la chiusura, la gratitudine, la malinconia.
Dieci anni di rottura e riscrittura
L’impatto di Demna su Balenciaga è stato devastante e rigenerante. Ha smontato codici, ricomposto silhouette, trasceso l’idea stessa di lusso e ridefinito il rapporto tra moda e cultura pop, tra streetwear e couture. Ha portato il brutto estetico, il sarcasmo visivo, la provocazione sociale in passerella, ma senza mai perdere di vista la forma, il taglio, la costruzione. Ha dimostrato che anche la critica può avere una silhouette impeccabile.
Ora, con il passaggio a Gucci, lo aspetta una nuova e impegnativa sfida: riportare rilevanza e contemporaneità a una delle case più iconiche del fashion system.
Couture FW26: rigore, nostalgia, innovazione
La collezione si apre nel silenzio più assoluto, rotto solo da nomi propri enunciati con voce asettica. È un’introduzione concettuale, che traduce il culto dell’identità nella grammatica della couture. Le prime uscite omaggiano Cristóbal Balenciaga, con riproduzioni fedeli di tailleur sartoriali e volumi calibrati con precisione chirurgica. È un ritorno alle origini, ma con l’occhio affilato di Demna.
A seguire, si succedono riferimenti alla sartoria, alle curve glamour dell’Hollywood d’altri tempi, e perfino al workwear, ripensato attraverso tecniche d’atelier. Il risultato è un’alchimia sofisticata e potente: trenchcoat architettonici in pelle nera lucida, valigette da ufficio affilate come rasoi, ventagli gioiello, guanti lunghissimi, e abiti scultura che scolpiscono il corpo come se fosse marmo. È l’eleganza secondo Demna: severa, maestosa, inevitabile.
Il ritorno del ladylike
Il cuore della collezione batte nel rigore assoluto del ladylike reinterpretato: vita stretta, fianchi marcati, busti scolpiti. L’heritage del fondatore si fonde con l’avanguardia. Le borse richiamano gli anni ’50 con forme rétro, mentre i gioielli firmati Lorraine Schwartz aggiungono bagliori teatrali.
Sfilano Naomi Campbell, Kim Kardashian, Eva Herzigova e Isabelle Huppert, muse e icone, a siglare la coerenza di un universo stilistico costruito nel tempo.
E poi, come un respiro lirico finale, entrano in scena gli abiti da ballo pastello: azzurro seta, giallo cipriato, rosa cipria. Ma nulla è convenzionale: le proporzioni restano scultoree, i volumi esasperati, il romanticismo appena sfiorato dal rigore formale che è cifra indelebile di Demna.
Un archivio vivente
In parallelo alla sfilata, Balenciaga ha inaugurato una mostra celebrativa che ripercorre i dieci anni del designer alla guida creativa del brand. Dieci anni che hanno messo alla prova il sistema moda, forzandolo a interrogarsi, cambiare, adattarsi. L’archivio diventa una lente critica e un manifesto, un compendio del pensiero visivo di uno dei creativi più significativi degli ultimi due decenni.
Verso Gucci, con la stessa ferocia
“Quello che si disegna oggi è ciò che si indosserà domani”
ha dichiarato Demna. E se la sua estetica ha diviso, ha anche anticipato, predetto, trasformato. Ora, la missione è un’altra: rilanciare Gucci, riportarlo a un linguaggio radicale e rilevante. Sarà un compito complesso, ma se c’è qualcuno in grado di riscrivere le regole, quel qualcuno è lui.
Con questa ultima sfilata, Demna ha raggiunto un nuovo vertice creativo: ha saputo essere sofisticato, elegante, innovativo, ma soprattutto coerente. Ha chiuso un cerchio, restituendo alla couture la sua funzione più nobile: fissare lo spirito del tempo nel gesto della creazione.
Quello che resta è un’eredità poderosa. Quella di un uomo che ha trasformato Balenciaga in un laboratorio visivo della nostra epoca. E ora, si volta pagina.




