Fragilità, bellezza e nostalgia
La Paris Fashion Week Uomo per la SS26 si è aperta con una dichiarazione di intenti chiara: l’evoluzione della moda maschile passa per la memoria, il desiderio e la trasparenza emotiva.
A inaugurare la stagione, due nomi emblematici della moda francese — Louis Vuitton e Saint Laurent — che hanno dato il via a una settimana con oltre 70 appuntamenti nel segno della sperimentazione estetica.
Ma è Anthony Vaccarello per Saint Laurent a lasciare un segno profondo, presentando una collezione che è più un’installazione poetica che una semplice sfilata.
Una narrazione visiva: Fire Island, 1975
La SS26 di Saint Laurent prende corpo da un film: Fire Island, August 1975 di Larry Stanton. I frame in Super 8, usati come teaser e premessa concettuale, svelano una visione estetica e sentimentale precisa: giovani corpi sulla spiaggia, desideri senza colpa, libertà vissuta prima dell’arrivo dell’ombra dell’AIDS. Immagini che raccontano un’America queer fatta di carne, luce e malinconia, diventano lo specchio ideale per una collezione che omaggia l’effimero con autenticità e profondità.
“Quella generazione viveva intensamente, senza sapere cosa sarebbe successo. È quella bellezza fragile che amo di più”, ha dichiarato Vaccarello.
La sfilata come installazione immersiva: Clinamen alla Bourse de Commerce
Abbandonando il format convenzionale della passerella, Vaccarello trasforma la Bourse de Commerce – Fondation Pinault in una scenografia vivente. Al centro, l’opera Clinamen di Céleste Boursier-Mougenot: una vasca d’acqua su cui galleggiano ciotole di porcellana che si urtano casualmente, generando una musica liquida, involontaria e armonica.
È in questo spazio fluido che si muovono le silhouette della collezione Saint Laurent Uomo SS26. Un contesto sospeso, simbolico, perfettamente coerente con il tono emotivo del progetto. La passerella diventa luogo meditativo, dove la moda è esperienza sinestetica.
Saint Laurent SS26: l’estetica dell’effimero
Tailoring destrutturato e sensualità estiva
La collezione si articola attorno a un guardaroba maschile raffinato, levigato, che conserva l’eleganza architettonica del classico Saint Laurent, ma la spoglia di ogni rigidità. Il tailoring è decostruito, i volumi si aprono: le giacche mantengono la struttura nelle spalle ma si alleggeriscono nel corpo, le camicie in nylon trasparente sembrano sfiorare la pelle come veli, lasciando intravedere l’intimità dell’uomo che le indossa.
Gli shorts tornano protagonisti, abbinati a giacche sartoriali o bluse traslucide; i pantaloni sono morbidi, a vita alta, da stringere con cinture in tessuto annodato, spesso lasciati scivolare sui fianchi come dopo un tuffo nel mare. Ogni look è una composizione bilanciata tra libertà e rigore.
Camicie, sovrapposizioni e costruzione modulare
Il capo chiave della SS26 è senza dubbio la camicia. Vaccarello la trasforma in un dispositivo estetico e tecnico. Le spalline staccabili, fissate con piccoli bottoni, permettono una metamorfosi del capo in tempo reale, evocando l’idea di una moda modulabile, mutevole come l’umore di un’estate.
Lavorazioni leggere ma ingegnose trasformano anche le bluse e le giacche, arricchite da tagli sartoriali che mantengono la coerenza della maison, ma lasciano spazio all’inventiva del gesto. Il look Saint Laurent non cambia radicalmente: evolve attraverso dettagli sottili, accorgimenti calibrati e citazioni consapevoli.
Una palette di memoria: i colori sbiaditi dal sole
La palette colori della Saint Laurent SS26 è un altro punto di forza concettuale. Vaccarello propone una gamma cromatica che sembra scolorita naturalmente dal sole di Fire Island. Toni polverosi, gialli desaturati, rosa bruciati, azzurri scoloriti e beige impalpabili evocano una cartolina d’epoca trovata in una scatola dimenticata.
L’effetto è quello di un’estate già vissuta, come se i capi fossero stati immersi nella luce per troppo tempo, diventando reliquie contemporanee. A completare il racconto cromatico, lenti sfumate, montature oversize e accessori che sembrano usciti direttamente da uno scatto Polaroid del 1975.
Omaggi artistici e comunitari
Nel tessuto della collezione SS26 si intrecciano i riferimenti a una generazione di artisti queer che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura visiva del secondo Novecento. Patrick Angus, Larry Stanton e Darrel Ellis — voci emarginate, intensamente personali — diventano la matrice emotiva e simbolica della narrazione firmata Vaccarello. Le loro opere, fatte di desiderio, malinconia e identità, risuonano nei dettagli della collezione come eco di una memoria collettiva mai del tutto sopita.
Non si tratta di semplici citazioni visive, ma di un gesto curatoriale profondo: Vaccarello costruisce un ponte tra passato e presente, tra corpi che hanno sfidato l’oblio e una moda che si fa archivio affettivo. La SS26 è, in questo senso, una sorta di reliquiario queer: un luogo in cui la sensualità maschile si intreccia con il lutto, la leggerezza con la perdita, l’eleganza con il bisogno di ricordare.
La moda come dispositivo di memoria sensibile
Saint Laurent SS26 non è una rivoluzione, e non vuole esserlo. È un lavoro di sottrazione, riflessione e trasparenza, nel senso più profondo del termine. Vaccarello riesce ancora una volta a essere coerente con se stesso e con l’identità della maison, pur portando lo spettatore in un altrove carico di emozione e nostalgia.
Con la SS26, il direttore creativo perfeziona il suo lessico fatto di minimalismo sofisticato, tagli sensuali e riferimenti culturali profondi. La collezione è un archivio vivente, una lettera aperta alla bellezza che passa, agli amori che non restano, a quegli istanti di luce che — come ci insegna l’acqua — non si trattengono, ma si ricordano.




