Dilara Findikoglu SS26

“Cage of Innocence”: tra ribellione e liberazione sensuale

La penultima giornata della London Fashion Week ha visto una delle sfilate più attese della stagione: Dilara Findikoglu ha presentato la sua collezione SS26, un rituale gotico-femminista ambientato nel cuore della City, all’interno della storica Ironmonger’s Hall. Uno spazio che sembra concepito per accogliere una messa nera couture: pannellature in legno scuro, lampadari in ferro battuto, stemmi araldici, un’aria di mistero che diventa la cornice perfetta per il nuovo capitolo narrativo della designer turca.

Ribellione femminile in scena

La collezione, intitolata “Cage of Innocence”, racconta la tensione tra prigionia e liberazione, tra purezza forzata e desiderio carnale. Un’ora e un quarto di attesa ha preceduto lo show, ma quando le luci si sono abbassate, l’atmosfera ha assunto subito i contorni del rito. Le Dilara Girls hanno invaso la passerella con passo sicuro: bustier gotici e drappeggi candidi, giacche ancien régime punteggiate di borchie, gorgiere trasparenti, minidress effetto “second skin” e pantaloni con alamari intrecciati. Ogni look sembrava emergere da un mondo parallelo, a metà tra boudoir e battaglia, tra revenant e aristocrazia decadente.

Lavorando sul contrasto, Findikoglu ha sovrapposto tessuti e simbologie: il bianco virginale trasformato in divisa ribelle, la pelle nera resa femminile da stratificazioni delicate, i metalli bruniti che decorano accessori e gioielli come talismani ancestrali.

Accessori come armature

Il vero cuore della collezione risiede negli accessori, veri strumenti di resistenza estetica. Bracciali che ricoprono interamente le braccia, richiamo a guerriere medievali e streghe reiette; maschere pendenti in argento e amuleti che evocano un esotismo antico e oscuro; guanti cerimoniali e harness che trasformano la sensualità in protesta politica. Qui, il linguaggio fetish incontra l’iconografia religiosa e mitologica, dando vita a un’estetica sovversiva che trova nel corpo femminile un’arma di espressione e potere.

Per la prima volta, la designer introduce in passerella una linea di borse, in pelle liscia o effetto pitone, esibite come reliquiari del quotidiano: sigarette, fiammiferi, ciliegie. Queste ultime diventano un simbolo cardine: da frutto innocente a metafora del desiderio proibito, della sessualità cruda, del ciclo mestruale. L’Eva di Dilara non teme più il peccato originale: lo abbraccia, lo mastica e lo trasforma in bandiera.

Teatralità gotica e dark romance

La palette cromatica della collezione è concepita come un rito: un intreccio di simboli e suggestioni. Il nero inchiostro domina come colore iniziatico, assoluto e senza compromessi, il cremisi sacrificale accende la scena di un’energia quasi liturgica, mentre bagliori metallici di oro e rame riflettono la luce delle vetrate gotiche, amplificando il senso di sacralità profana. Le modelle appaiono come visioni sospese, figure liminali tra storia e immaginazione: corsetti vittoriani che scolpiscono il busto come reliquie del potere, mantelli foderati di metallo che sembrano armature rituali, tuniche settecentesche leggere come veli da boudoir e stivali altissimi che allungano la silhouette in apparizioni quasi spettrali. È un continuo oscillare tra occulto e aristocrazia, tra magia e seduzione, dove ogni outfit sembra raccontare un rito di iniziazione.

Poi, il colpo di scena che trasforma la passerella in leggenda: Naomi Campbell. Avanza in total black, imponente e magnetica. Indossa un abito scultoreo dalle linee severe, con bustier rigido che scolpisce il torso e un lungo drappeggio che cade come una colata d’inchiostro, accentuando la verticalità della sua figura. Le spalle sono strutturate, quasi corazzate, mentre il tessuto sembra assorbire la luce invece che rifletterla, creando un’aura ipnotica. Nessun ornamento superfluo: è il corpo stesso a farsi architettura, monumento. Naomi non interpreta un look: lo domina, incarnando la sacerdotessa suprema del rito.

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Dilara Findikoglu SS26 – Naomi Campbell

Dietro di lei, Amelia Gray in rosso fuoco esplode come il contraltare perfetto: veste una creazione avvolgente, dionisiaca, che parla di estasi e passione. Se Naomi è la regina delle ombre, Amelia è la sacerdotessa del fuoco, e insieme sigillano la teatralità dello show con un finale che sembra scritto per rimanere nella memoria collettiva della moda.

Backstage o installazione?

Il dietro le quinte di Dilara Findikoglu non è un semplice luogo di attesa o preparazione: sembra piuttosto un’estensione concettuale della sfilata, una sorta di installazione immersiva che prolunga il rito iniziato in passerella. Le pareti rivestite da motivi quattrocenteschi e le volte stuccate della Ironmonger’s Hall diventano lo scenario di apparizioni gotiche: modelle trasformate in creature liminali, sospese tra storia e immaginario.

Sulle loro ciglia pendono frammenti di metallo che luccicano come lacrime meccaniche; sulle bocche, harness che rimandano tanto al mondo del BDSM quanto a un silenzio imposto, trasformato però in gesto di potere; tra i capelli, rami intrecciati evocano simboli arcaici di natura e magia, come corone selvatiche di sacerdotesse pagane.

Il backstage diventa così un ecosistema parallelo, più vicino a una performance artistica che a un retroscena tecnico: ogni dettaglio sembra studiato per amplificare il messaggio centrale della collezione — la ribellione femminile contro la gabbia dell’innocenza. Non si assiste a un dietro le quinte funzionale, ma a un vero e proprio teatro dell’invisibile, in cui i confini tra preparazione e messa in scena si dissolvono, trascinando gli spettatori in una dimensione sospesa, quasi sacrale.

Moda come rito

Cresciuta a Istanbul in un contesto conservatore, Dilara Findikoglu ha trovato nell’occultismo, nella mitologia e nella storia antica una miniera di immagini e narrazioni. Trasferitasi a Londra, ha plasmato una moda radicale, che rifiuta la logica algoritmica e abbraccia la ritualità. Non nostalgia, ma potenza contemporanea: il corpo femminile come spazio politico, la sensualità come arma consapevole, l’oscurità come spettacolo.

Con “Cage of Innocence”, la stilista conferma il suo ruolo di high priestess della scena indipendente londinese, capace di unire artigianato, memoria storica e ribellione femminile in un unico, magnetico incantesimo. Una delle sfilate più memorabili della settimana della moda: un rito oscuro e luminoso al tempo stesso, che lascia addosso l’eco di un desiderio inestinguibile di libertà.

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Dilara Findikoglu SS26 – i look

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