Sarah Burton: Womenpower e heritage, Givenchy torna a brillare come il suo cast
Parigi si risveglia sotto un cielo grigio e piovoso, ma l’eleganza non conosce ostacoli. Davanti agli Invalides, una folla compatta si stringe tra ombrelli e impermeabili, in attesa del secondo capitolo della direzione creativa di Sarah Burton per Givenchy. La scena è un incontro tra mondi: da un lato, il fascino imperturbabile della città della moda, dall’altro, la tensione e l’eccitazione palpabile che solo una sfilata di questa portata sa generare.
All’interno della tensostruttura, il front row scintilla di stelle: Charlize Theron e Jenna Ortega osservano attentamente la passerella, mentre le it-girl più influenti del momento prendono nota di ogni dettaglio. In passerella, un cast di icone senza tempo e nuove muse si alterna con naturalezza: Naomi Campbell, Mariacarla Boscono, Vittoria Ceretti, Eva Herzigova e, in chiusura, il ritorno magnetico di Kaia Gerber.
È un casting che da solo racconta la storia della maison e segna la transizione tra passato e presente, tra l’eredità di Hubert de Givenchy e la femminilità contemporanea. Ogni sguardo, ogni passo delle modelle sembra celebrare il rituale della moda come spazio in cui eleganza, potere e glamour si fondono in una danza senza tempo.
La femminilità che non chiede permesso
Sarah Burton propone una visione della donna potente che non deve assumere codici maschili per affermarsi. La forza qui non è simulata, ma intrinseca: si manifesta nella naturale eleganza dei gesti, nella scelta di tessuti e volumi che valorizzano il corpo senza comprimerlo.
Il tailoring, da sempre cifra stilistica di Givenchy, viene reinventato con leggerezza: giacche che un tempo avrebbero retto da sole si aprono alla fluidità, revers e colletti si piegano come a giocare con il corpo, e le proporzioni diventano morbide e sorprendenti, conferendo agli outfit un senso di dinamismo e libertà.
Gli abiti oscillano tra rigore sartoriale e seduzione raffinata: minidress in pizzo che si insinuano delicatamente sulla pelle, gonne che si avvolgono sul corpo come drappi improvvisati, bustier che emergono da completi maschili, e lingerie nera che diventa protagonista assoluta.
Ogni capo racconta una storia: la forza autentica della donna risiede nella capacità di mostrare ciò che è fragile con sicurezza e fierezza, trasformando la femminilità in un atto di potere e poesia. Burton gioca con la trasparenza e la scopertura senza mai cadere nel volgarmente esplicito, creando una grammatica estetica che fonde sensualità, eleganza e audacia contemporanea.
Couture come respiro segreto
In mezzo al prêt-à-porter, emergono lampi di haute couture che rivelano l’anima più intima e poetica della stilista. Un cappotto azzurro, morbido sulle spalle, vibra di ricami in seta che sfumano in frange ombré, oscillando tra leggerezza e maestria artigianale.
Un abito bianco, trattenuto al petto come un lenzuolo improvvisato, diventa tela per decori minuziosi, mentre una gonna e un bra top dall’effetto piumato svelano un paziente lavoro di chiffon strappato e rielaborato fino a sembrare piuma vera.
Qui la couture non è ostentazione, ma respiro: una sottile magia che conferisce alla collezione profondità e poesia. Burton dimostra di saper affrontare la complessità dell’haute couture senza sacrificare la leggerezza e la sensualità del prêt-à-porter, lasciando al dettaglio la possibilità di raccontare storie di tecnica, eleganza e innovazione.
Ogni capo couture diventa un piccolo racconto, una promessa di perfezione delicata e di femminilità interpretata con intelligenza e fantasia.
Una nuova Audrey per un nuovo Givenchy
L’eredità della maison rimane sottile ma tangibile. Hubert de Givenchy aveva trovato in Audrey Hepburn il volto eterno della sua estetica: un equilibrio tra grazia innata, modernità e capacità di incarnare il glamour senza tempo. Sarah Burton affida oggi quella stessa fiaccola a una nuova generazione di muse contemporanee.
Non si tratta di copie, ma di reincarnazioni del fascino Givenchy: donne che brillano nel presente con la stessa leggerezza e forza che Hepburn trasmetteva negli anni ’50, capaci di rendere ogni capo iconico pur senza ostentazione.
Questo passaggio generazionale non cancella la memoria, ma la reinventa, creando un dialogo tra passato e futuro che rende la maison contemporaneamente riconoscibile e innovativa.
Il lessico del futuro
La collezione costruisce un linguaggio estetico nuovo, un lessico visivo che parla di femminilità moderna e poliedrica. I volumi sono alleggeriti, la sensualità non è mai banale e l’ironia si annida negli accessori: le mule con pon pon sembrano sorridere sotto gonne severe, mentre i gioielli-scultura trasformano camicie e completi in manifesti di stile.
È un guardaroba che pensa alla donna come protagonista di molteplici ruoli: sicura in un tailleur scultoreo, vulnerabile in un abito trasparente, ironica in un paio di sandali piumati, sempre potente e decisa.
Burton riesce a condensare la complessità della femminilità contemporanea in una collezione coerente, equilibrando audacia, eleganza e leggerezza con maestria.
Un capitolo che segna un nuovo destino
Con la sua seconda prova alla guida di Givenchy, Sarah Burton mette finalmente a tacere i dubbi del debutto. La maison ritorna a essere desiderabile, riconoscibile e rilevante, senza nostalgia, ma con un rispetto intelligente per la memoria e l’heritage. Givenchy SS26 non è solo una collezione: è un inno alla femminilità che non chiede legittimazione, che si manifesta nelle sue mille forme e che, proprio in questa libertà di espressione, ritrova la propria forza. Burton non si limita a raccogliere un’eredità complessa, ma la trasforma in destino, tracciando una strada luminosa per un futuro in cui la maison brilla con la stessa intensità del suo cast stellare.
Nel cielo grigio della moda, la designer disegna con una palette essenziale e primordiale, quasi come fossero i pennarelli sulla scrivania di uno studio creativo: nero, rosso e bianco si alternano con naturalezza, scandendo ritmi visivi chiari e potenti. Le silhouette, il casting impeccabile e i gioielli oversize rendono la narrazione della sfilata coinvolgente e immediata, trasformando ogni look in un piccolo racconto di stile e carattere.
È un Givenchy inedito, ma la maestria di Burton resta evidente: davanti a un heritage così importante, la sua creatività non può che brillare. Eppure, resta un interrogativo: perché una donna come Sarah, che sa rendere la maison contemporanea e iconica allo stesso tempo, non riceva la standing ovation che meriterebbe?

