Le lucciole non sono morte: bagliori di grazia nel buio del presente

A Parigi, sotto la luce cinetica di Sora dello studio Nonotak, Valentino ha presentato la collezione SS26 firmata da Alessandro Michele, intitolata Fireflies.
Un nome semplice, quasi infantile, ma denso di significati: le lucciole come piccole divinità del buio, simboli di vita ostinata, scintille di speranza nei tempi in cui la luce sembra un lusso.

La sfilata è stata un viaggio sensoriale tra luce e tenebra. Le modelle — apparizioni di un mondo sospeso — avanzavano come anime luminose in un bosco notturno. Il set, un’installazione di luce che pulsava come un respiro, amplificava l’idea di un universo in cui la bellezza non è una fuga, ma un atto di resistenza.

Michele, un anno dopo il suo debutto alla direzione creativa della maison, torna a parlare di grazia, desiderio e speranza, in un momento storico in cui la moda sembra aver dimenticato il proprio potere immaginifico.

Gli ospiti e l’atmosfera

Tra il pubblico, la sfilata si è trasformata in un vero e proprio firmamento di volti noti e amici del designer: Lana Del Rey, musa e compagna di visioni artistiche, osservava rapita la passerella; Pamela Anderson e Valeria Golino portavano con sé un’eleganza disinvolta e magnetica; Ghali e Emma Chamberlain aggiungevano tocchi di contemporaneità e freschezza pop; Colman Domingo, Alessandro Borghi e Amelia Gray completavano il quadro con un’energia discreta ma intensa.

Il parterre era un mosaico variegato, poetico e pop insieme, rispecchiando lo stile di Michele: sospeso tra passato e futuro, tra il cinema dei sogni e la realtà quotidiana, tra memoria e innovazione. Ogni sguardo, ogni gesto degli ospiti sembrava dialogare con la passerella, amplificando l’atmosfera incantata della collezione e trasformando la sala in uno spazio dove la moda diventa narrazione condivisa, esperienza visiva e poetica allo stesso tempo.

La filosofia delle lucciole

.Alla base di Fireflies c’è un pensiero che affonda nelle riflessioni di Pier Paolo Pasolini: le lucciole come simbolo di libertà, differenza e resistenza al conformismo culturale. Per Michele, queste piccole creature che illuminano la notte diventano un manifesto poetico, un richiamo a un mondo in cui anche il buio più fitto non riesce a spegnere la bellezza.

Non è nostalgia o semplice citazione intellettuale: è un messaggio politico e profondamente umano. La moda, nelle mani di Michele, si trasforma in uno spazio in cui l’immaginazione diventa rivoluzionaria, dove ogni abito, ogni dettaglio, ogni movimento della passerella è una piccola scintilla di luce in un mondo affollato di rumore, fretta e cinismo.

Le lucciole sono le idee, le visioni, gli sguardi gentili che continuano a resistere, invisibili agli occhi distratti della società contemporanea. Fireflies ci invita a riscoprire la lentezza e la sensibilità: ci ricorda che per vedere la luce serve uno sguardo attento, capace di fermarsi, osservare e percepire quei bagliori fragili che ancora illuminano il presente.

Una collezione come un respiro

La collezione Fireflies è costruita come un poema visivo in tre movimenti: la notte, il desiderio, la rinascita.

All’inizio, il buio domina: lunghi cappotti neri dalle linee essenziali, tessuti che assorbono la luce, forme severe e protettive. Poi, lentamente, la materia si apre. Appaiono abiti in raso liquido, chiffon, organze leggere che catturano i bagliori del set e li moltiplicano in riflessi tremolanti.
È come se le modelle si accendessero, una dopo l’altra, in un crescendo di luce.

Gli abiti diventano corpi luminosi: naked dress in pizzo, lingerie dress dall’allure anni ’40, coat dress con spacchi vertiginosi, fiocchi e drappeggi che si muovono come ali.
Non c’è provocazione, ma una sensualità matura, consapevole, profondamente umana. Il corpo non è oggetto, ma linguaggio.

La grazia come atto politico

In un’epoca dominata da conversazioni violente e giudizi rapidi, Michele porta in passerella un messaggio chiaro: la gentilezza è una forma di rivoluzione.
Negli ultimi mesi, il designer ha riflettuto più volte sulla perdita del dialogo nella moda, trasformata in arena di sarcasmo e superficialità.
La sua risposta è la bellezza, ma non quella perfetta e distante. È una bellezza vulnerabile, che nasce dal coraggio di mostrarsi e di accogliere la differenza.

Ogni abito è una dichiarazione contro l’uniformità e la paura. La moda, in questa visione, torna a essere un linguaggio di libertà, un modo per riconnetterci all’umano.

Bagliori e metamorfosi

A completare la visione di Fireflies, i gioielli diventano veri e propri talismani. Piccole farfalle in oro antichizzato si posano sui colli, sulle spalle e sulle mani delle modelle, come amuleti che proteggono e accompagnano ogni passo. Non sono solo ornamenti: rappresentano metamorfosi, fragilità e rinascita, richiamando alla memoria un’intimità perduta e la capacità di custodire la propria luce interiore. Alcune paiono quasi librarsi nell’aria ad ogni movimento, catturando i riflessi delle luci del set, trasformandosi in minuscole creature che illuminano la passerella.

La palette cromatica è studiata come un cielo al crepuscolo, dove il giorno lascia lentamente spazio alla notte. I neri vellutati si fondono con i bianchi lunari, creano contrasti netti e profondità drammatiche; i rossi incandescenti bruciano come fiamme delicate e i verdi liquidi ricordano specchi d’acqua sotto la luce tremolante. I tocchi metallici — oro, bronzo e argento — catturano e rifrangono ogni bagliore, trasformando ogni movimento in un lampo effimero, quasi impercettibile, di luce viva.

Il ritmo visivo della sfilata è ipnotico e poetico. Le figure appaiono e scompaiono come apparizioni oniriche: ogni passo crea un gioco di ombre e riflessi, come se la passerella fosse un bosco incantato popolato da lucciole. I tessuti trasparenti e leggeri fluttuano attorno ai corpi, i drappeggi ondeggiano e si deformano al movimento, e i dettagli scintillanti — dalle applicazioni ai gioielli — sembrano vibrare con vita propria, rendendo l’intera scena sospesa tra sogno e realtà.

Lo spettatore è trasportato in un’atmosfera quasi cinematografica: ogni elemento — luce, colore, tessuto, gioiello — dialoga con l’altro, creando una coreografia di bagliori e sospensioni, dove il corpo della modella diventa veicolo di poesia e resistenza, e la passerella si trasforma in un luogo di incanto fragile, pieno di energia viva ma effimera, come le lucciole stesse.

Un futuro che brilla piano

Quando le luci del set si abbassano, ciò che resta è un sentimento di possibilità: il futuro, fragile e incerto, ma ancora vivo. Alessandro Michele non dà risposte definitive; invece, apre spiragli di immaginazione, ricordandoci che le lucciole — metafora di bellezza, desiderio e speranza — non sono scomparse. Sono ancora qui, ma per vederle occorre uno sguardo nuovo, attento, capace di cogliere anche le scintille più deboli.

La moda, in questa visione, diventa quell’occhio capace di rivelare ciò che spesso rimane nascosto: desideri, emozioni, grazia, piccole scintille di vita in un mondo caotico. Fireflies non è solo una collezione di abiti; è un racconto di corpi e anime, di sogni e ombre, di bagliori che resistono. È la testimonianza di una speranza fragile ma ostinata, che continua a brillare anche quando tutto sembra spento.

L’arte di brillare piano

Con Fireflies, Valentino non parla soltanto della prossima stagione: parla del tempo che stiamo vivendo, e di come la moda possa ancora essere un modo per resistere, per ricordare che la luce esiste anche quando il mondo sembra dimenticarla.
Michele non cerca lo stupore, ma l’intimità. Ci invita a rallentare, a guardare di nuovo, a riaccendere lo sguardo assuefatto al buio.

In un’epoca che confonde il rumore con la voce e la velocità con il valore, Fireflies è un atto di dolce disobbedienza.
È un promemoria sussurrato: non serve gridare per farsi sentire.
La vera rivoluzione è continuare a brillare, piano, senza smettere di credere che la bellezza, seppur fragile, possa ancora cambiare il mondo.

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VALENTINO SS26 – i look

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