La piazza e il quartiere Sarpi per l’ennesimo refresh
Fiorucci torna nel calendario della Milano Fashion Week con una sfilata menswear e co-ed SS26 che segna un cambio di passo strategico e creativo per il brand. Guidata dalla direzione di Francesca Murri, la maison si allontana definitivamente dal “candy design” degli esordi post-revival e orienta la propria ricerca visiva verso le sottoculture urbane e l’immaginario infantile riletto in chiave pop-contemporanea.
Il set scelto per la presentazione – il quartiere di Paolo Sarpi – non è casuale. Chinatown milanese e zona a forte densità multiculturale, rappresenta per Fiorucci un contesto simbolico e fertile: un’area urbana viva, ibrida, in costante trasformazione. In collaborazione con lo studio creativo milanese April, il brand ha costruito un set en plein air trasformando uno slargo in “Piazza Fiorucci”, installazione effimera che reinterpreta la piazza italiana come spazio di incontro sociale, estetico e performativo.
Teli sospesi dipinti a mano che simulano un cielo con nuvole, un grande pallone aerostatico bianco centrale, e l’iconico putto Fiorucci pronto a scoccare una freccia completano la scenografia. Una scelta precisa che inserisce il marchio in una narrazione esperienziale e immersiva, allineata con i trend attuali del fashion storytelling.


Una collezione a metà tra utopia urbana e wearable pop
La collezione SS26 si configura come un esercizio di storytelling visivo in cui il fashion show assume la funzione di dispositivo narrativo. L’impianto estetico si articola attraverso codici mutuati dal linguaggio cartoon, dall’arte naïf e da un uso espressivo del corpo, trasformato in superficie pittorica grazie al body painting curato dall’artista Janine Zaïs. I modelli diventano tableaux vivants: cieli azzurri e figure angeliche dipinti sulla pelle generano un impatto visivo che rilegge la tradizione barocca in chiave pop contemporanea.
La palette cromatica, basata su una triade essenziale – bianco ottico, rosso segnaletico e azzurro pastello – fornisce coerenza e riconoscibilità all’intera proposta. Le stampe all over, le texture “a cuore” e le bocche trasformate in micro top o accessori delineano un lessico visivo ad alta densità simbolica, concepito per massimizzare la memorabilità e la trasposizione mediatica della collezione.
Heritage reloaded: l’archivio come risorsa progettuale
Il lavoro sulla collezione dimostra una crescente maturità nella gestione del patrimonio visivo del brand. Murri non si limita a citare l’archivio Fiorucci, ma lo destruttura e lo reinterpreta secondo i codici estetici contemporanei: il cartoonismo, la cultura digital-nostalgica, il gender fluid. Tra le fonti d’ispirazione principali, un abito anni ’80 ispirato a Minnie Mouse, che viene rielaborato in key items come top sagomati a cuore, spalle marcate e silhouette tubolari.
Sul versante maschile, i twin set compatti si accostano a bermuda sartoriali, mentre i pantaloni aderenti e le jumpsuit con volumi caricaturali suggeriscono un’estetica ibrida tra activewear e scenografia urbana. Il focus rimane su una moda pensata per essere vissuta, più che esibita: funzionale nella costruzione, fortemente emozionale nella comunicazione.
Posizionamento e strategia di rilancio
Sebbene il marchio continui a navigare in acque complesse dal punto di vista commerciale, il progetto guidato da Murri si configura sempre più come un’operazione di medio-lungo termine, volta alla ridefinizione identitaria di Fiorucci. Il claim “Make hearts beat again”, presente su capi e accessori, si impone come driver narrativo e manifesto valoriale: un invito a recuperare la componente emozionale e partecipativa del fashion system.
Non si tratta di un posizionamento retorico, ma di un tentativo concreto di riattivare un brand code originario: quello di Elio Fiorucci, che non si considerava stilista quanto creatore di universi visivi e sociali. L’approccio di Murri cerca di recuperare proprio questo aspetto, mantenendo un bilanciamento tra sperimentazione visuale e commercial appeal.
Fiorucci SS26: un esercizio di immagine tra merchandising e identità da (ri)definire
La collezione Primavera/Estate 2026 di Fiorucci segna un ulteriore tentativo di riposizionamento per un marchio che da anni cerca di ridefinire la propria identità nel panorama della moda contemporanea. Più che una proposta di design, la sfilata appare come un nuovo capitolo di branding, concepito per intercettare target più giovani attraverso linguaggi visivi familiari, ma poco incisivi dal punto di vista progettuale.
Non si tratta di moda in senso stretto, quanto di un’operazione commerciale ad alta densità estetica, dove l’apparato narrativo – tra cartoon, body painting e simbolismo pop – prende il sopravvento sulla ricerca formale. Il set spettacolare e la componente performativa non bastano, però, a compensare l’assenza di veri contenuti stilistici o costruttivi. La collezione lavora su citazioni e formule riconoscibili, ma non offre risposte concrete né sulla qualità del prodotto né sulla sua desiderabilità reale nel mercato.
In un contesto di fashion week ormai inflazionato da format spettacolarizzati, Fiorucci si allinea più alla logica del contentche a quella del fashion design. Il rischio è che la collezione SS26, pur curata nella direzione creativa e coerente sul piano comunicativo, resti una superficie ben confezionata, pensata per il feed e per la vendita da scaffale, ma distante dai circuiti della moda in senso evolutivo. La domanda resta aperta: i prodotti presentati riusciranno davvero a costruire fedeltà e desiderabilità, oltre il primo impatto visivo?