Superstudio e Oltre: la visione di una pioniere della bellezza
Nella storia dell’editoria italiana, un ruolo cruciale è rappresentato da Gisella Borioli. Giornalista e art director, insieme a suo marito Flavio Lucchini, ha rappresentato una figura fondamentale nel panorama milanese, intrecciando relazioni tra arte, design, moda e spettacolo.
Nel 1980 fonda il mensile Donna, che diventa un successo editoriale che dirigerà per 13 anni. Nel 1966 inizia la carriera come redattrice del trimestrale di architettura e design Ottagono. Nel 1967 approda a Vogue come redattrice esecutiva. Nel 1971 è redattore capo di L’uomo Vogue e Vogue Bambini. Tra le sue intuizioni più importanti c’è la creazione di Superstudio Project, un progetto per raccontare attraverso editoriali multimediali e internazionali il design, la moda e l’arte.
Superstudio Più, che parteciperà alla Milano Design Week 2025 dal 7 al 13 aprile, compirà 25 anni. Dagli spazi industriali della ex General Electric, ha riqualificato il quartiere di Tortona a Milano.
Da redattrice a diretta concorrente . Vogue e Condé Nast sono oggi il riferimento nella moda.
Ci racconta la sua esperienza in casa Vogue e cosa ricorda con entusiasmo di quel periodo?
Sono entrata in Condé Nast a 21 anni, direttamente da Ottagono. Ero la prima redattrice giovane in un contesto di belle, nobili, ricche signore per le quali lavorare a Vogue sembrava un hobby socialmente rilevante. Io ci ho messo il mio entusiasmo, la mia curiosità, la mia creatività, la mia totale disponibilità, la mia passione per la moda e le cose belle, il mio lavoro senza staccare mai.
E soprattutto il fatto che ero innamorata, unilateralmente, del mio “capo”, conosciuto come visiting professor alla scuola di Visualizing fondata dall’art director Giancarlo Iliprandi. Sono uscita da Vogue dopo 13 anni e ho fondato, con Flavio finalmente mio marito, Edimoda, che editava, tra le altre, la concorrente Donna.
Non solo editoria: nella sua carriera c’è anche la TV, con collaborazioni con Canale 5 per Nonsolomoda e Donna sotto le Stelle nel 2002. Ha diretto il primo “fashion award” europeo, il Kore-Oscar della Moda, grande evento di Rai1.
Come mai in TV c’è ancora così poco spazio per la moda, l’arte e il design? Cosa pensa della TV oggi?
Se pensiamo alla TV come ai canali tradizionali, sono stupita come i programmi in genere siano ancora vecchio stile, obsoleti, ripetitivi, incapaci di inventare formule nuove.
L’ultimo bel programma di moda che ricordo é stato NONSOLOMODA di Fabrizio Pasquero, cui ho contribuito per i primi quattro anni. Io poi ci ho provato, ma l’interesse dei dirigenti televisivi era scarso, non conoscono questi mondi, non sanno valutare i professionisti adatti, sono interessati solo all’audience e alla pubblicità, la cultura e la bellezza sono argomenti ostici per loro.
Ho fatto dei progetti per l’estero, molto avant-garde, molto forti, molto informativi, ma per una ragione o per l’altra poi non sono stati realizzati. Il problema è che le produzioni televisive costano moltissimo, molto più che quelle editoriali. Così la gente che vuole dire qualcosa ricorre ai social. Ma quello è un altro film. Se penso alla TV come mezzo di trasmissione di tutte le piattaforme del mondo il panorama è già più eccitante perché ci trovi di tutto.
Solitamente non si esplicita mai l’età di una donna. Lei quest’anno raggiunge un altro traguardo: gli 80 anni. Ha vissuto tantissime storie e accadimenti.
C’è qualcosa che vorrebbe dire a sé stessa da piccola?
Da piccola ero timidissima, vivevo in una famiglia modesta, ma amavo le cose belle e “volevo essere felice”, come il titolo del libro che ho appena pubblicato. Vorrei dire alla Gisellina di allora che con l’impegno avrebbe realizzato i suoi sogni. Ed è quello che ho fatto, mettendo il lavoro al primo posto, ma anche l’amore.
Nel 2014 ha ricevuto l’Ambrogio d’oro, un riconoscimento dalla città di Milano. Ha visto la città cambiare e diventare cosmopolita e internazionale, soprattutto dopo Expo. Milano è oggi una delle poche città italiane con un respiro internazionale.
Cosa le ha dato Milano in questi anni e cosa pensa di aver lasciato alla città?
Milano mi ha dato delle esperienze incomparabili e i miei “Grandi Maestri” e i personaggi incisivi che ho incontrato sul mio cammino. Gli architetti Giuliana Gramigna e Sergio Mazza, Bob Noorda, Giancarlo Iliprandi, Ettore Sottsass, Giovanni Gastel, Letizia Moratti, Andrée Shammah, Oliviero Toscani…e naturalmente mio marito Flavio Lucchini. Tutti mi hanno insegnato qualcosa che, in qualche modo, ho restituito con quello che ho fatto per Milano.
Ha insegnato all’Accademia di Brera e in altri corsi di specializzazione. Oggi la formazione per i giovani sembra riscuotere poco appeal, con una società che corre veloce rispetto alla lentezza di un libro o di una riflessione.
Cosa si sente di dire alle nuove generazioni e al sistema educativo italiano?
Amo moltissimo i giovani e averli attorno a me. Ma vorrei dire loro di non sottovalutare l’esperienza di chi li ha preceduti. i “Maestri” sono fondamentali perchè senza radici nel passato non fiorisce un futuro consapevole. Al sistema educativo vorrei dire di educare al rispetto, delle persone, delle cose, delle città, della storia, del lavoro. Io ho creato recentemente la “Superstudio Academy”, un modulo formativo che si propone di colmare il gap di passaggio tra l’università e il lavoro creativo, perché quando mi arrivano degli stagisti proprio non hanno idea di cosa questo significhi.
Flavio Lucchini, suo marito, è legato a lei sia nella vita che nel lavoro. Le vostre idee fresche e innovative vi contraddistinguono.
Se dovesse usare tre parole per descrivere Flavio, quali sceglierebbe e perché?
Il genio che amo. Perché è un uomo eccezionale: un artista, un creativo, un visionario, un precursore, oltre che un uomo sincero e gentile. Perché è stato il mio primo amore e lo è ancora e per sempre a quasi 97 anni.
Superstudio Group è una realtà consolidata. Quest’anno si festeggeranno 25 anni durante la Milano Design Week.
Cosa ricorda di questi anni? Ci sono tappe che vuole ripercorrere con noi che ne hanno segnato il percorso?
Sono 25 anni di Superstudio Più ma 42 anni dal primo centro per l’immagine della moda, il Superstudio 13. Di questi anni ricordo il coraggio del salto nel buio lasciando l’editoria dove eravamo affermati direttori/editori, ricordo la fatica per ottenere i finanziamenti necessari e l’entusiasmo davanti ai nuovi progetti che via via creavamo o si presentavano.
Ricordo la soddisfazione nel veder nascere migliorare e crescere la “zona Tortona” che abbiamo ideato e promosso noi, e dove ci hanno seguito i grandi della moda, dell’arte e della creatività, cambiandone totalmente la fisionomia.
Oggi Superstudio Group, la casa madre, ha nel Municipio 6 tre venue, Superstudio 13, Superstudio Più, Superstudio Maxi, con due ristoranti, una galleria d’arte e un museo, il FLA FlavioLucchiniArt Museo, un grande art-garden e un roof-terrace con l’installazione Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto. E altro in vista.


Superdesign Show, l’evento iconico della Milano Design Week, festeggia il suo anniversario con un tema coraggioso: “HAPPINESS – Direction, Challenge, Vision”. Un inno alla bellezza, alla gioia, alla condivisione e al miglioramento, nostro e del mondo che ci circonda.
Perché avete scelto questo tema? Cosa dobbiamo aspettarci?
Ho scelto personalmente il tema dopo una riflessione, guardandomi intorno. Il mondo è cambiato, e non in meglio, pur con le potenzialità che oggi possiamo esprimere. Così ho scelto la parola HAPPINESS come sintesi di speranza, di sfida, di invito a lavorare per rendere la vita e gli ambienti in cui viviamo più felici, nonostante le crisi, le guerre, le pandemie, i dazi, lo sfacelo generale. Il design può ridisegnare il mondo. Architetti e designer condividono con scienziati e tecnocrati questa responsabilità.
Il nome “Superstudio” è un omaggio dei fondatori, Flavio Lucchini e Gisella Borioli, al gruppo d’avanguardia degli architetti fiorentini di Superstudio, che negli anni ’70 hanno rivoluzionato il campo dell’architettura radicale, investendo anche nel design, nella moda e in altri ambiti. Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia hanno portato avanti questa rivoluzione.
Cosa significa per voi essere radicali nelle arti?
Significa essere aperti, visionari, sperimentali, senza preconcetti o pregiudizi. E, come dice il significato originario della parola, affondare le radici nella vita vera.
Sebbene Superstudio abbia avuto una breve esistenza come collettivo (fino agli anni ’80), la sua influenza sull’architettura e sul design contemporanei rimane forte.
Cosa la affascina nel panorama attuale del design?
I movimenti come Superstudio, Archizoom, Alchimia, Memphis che hanno rotto con la tradizione e immesso l’immaginazione e la libertà totale della creazione, mi hanno molto influenzato condizionando la mia formazione e le mie scelte. Questa libertà creativa mi affascina tuttora ma oggi la sto trasferendo nelle nuove tecnologie, nell’intelligenza generativa, nei metamondi dietro l’angolo che, nonostante la mia età anagrafica, sento vicinissimi e vorrei poter vivere col il mio cuore ventenne.
La Milano Design Week è un evento che porta un grande fervore in città. Il Salone del Mobile e la Milano Design Week attireranno target diversi. L’evento si preannuncia come l’ennesimo successo, con Milano che si conferma capitale internazionale del design.
Cosa visiterà durante la settimana del design? E spenti i riflettori, cosa consiglia di visitare a chi non è di Milano?
Bella domanda.Ci sarà talmente tanta offerta e io poco tempo da non permettermi di dare ora una risposta. Quindi andrò random dove mi porterà il cuore in base alle suggestioni e ai suggerimenti del momento. Per il post-design consiglierei sempre gli spazi ricchi di spunti: la Triennale, la Fondazione Prada, Palazzo Reale e un giro in via Durini/Borgogna
ll progetto di Superstudio ha un valore intrinseco anche nell’aver creato architettura. Non solo come processo di riqualificazione urbana, ma anche sociale e di contenuti.
Perché l’architettura ha perso il suo appeal? E che rapporto ha con il grande contenitore della Biennale di Architettura di Venezia?
Il nostro progetto Superstudio ha portato per primo, più di quarant’anni fa, da una intuizione di Flavio – che ha studiato architettura anche se poi ha fatto tutt’altro – l’idea di recuperare e rigenerare vecchi spazi industriali abbandonati e trasformarli in fabbriche di creatività senza demolirli, ma rispettandone la fisionomia e riadattarli all’uso con pochi mirati interventi.
Quindi un’idea originale, realizzata da soli, senza nessun rapporto con Istituzioni, Biennali o altre Organizzazioni Ufficiali, anche se poi in molti hanno seguito la stessa strada. In quanto all’architettura non credo che abbia perso il suo appeal, anzi, io la sento come una forma d’arte urbana a disposizione di tutti, chi ci abita e chi semplicemente la ammira (o la critica). Però questo è solo il mio parere personale.
La Biennale di Architettura di Venezia è un grandissimo spot, un gigantesco momento di comunicazione, una occasione in più per la città e per tutti i grandi nomi invitati, una occasione di turismo di qualità, una evasione colta e per molti appassionante. Quindi tutti contenti, le critiche non servono.
Superstudio Group ha creato nel 2016 anche Superstudio Events. I giovani entrano a far parte del vostro team, contaminando il progetto con nuove idee.
Come si immagina il futuro del progetto e cosa vorrebbe che rimanesse immutato?
Abbiamo creato Superstudio Events per liberare la parte immobiliare di Superstudio Group dalla gestione degli eventi, e l’abbiamo affidata alle cure di mio nipote Tommaso Borioli quando aveva solo 24 anni.
La sua visione si è inserita sulla base consolidata portando nuove idee e nuovi successi, con una proficua integrazione tra l’esperienza e l’intraprendenza. A lui affido il Superstudio intero chiedendogli che resti immutato l’approccio umanistico e “umano” pur correndo forti verso il futuro. Dobbiamo arrivare solidi ai 50 anni d’impresa (ne mancano solo 6) e poi, chissà, raggiungere i 100.
Nel ringraziarla per la disponibilità e rinnovando l’invito a tutti gli amanti del design a visitare la prossima edizione della Milano Design Week, le chiediamo due ultime domande:
la prima riguarda un appello alla gioia e alla bellezza, la seconda: c’è mai stata una domanda che avrebbe voluto ricevere e che nessuno le ha mai fatto? Se sì, cosa risponderebbe?
Tutta la mia vita è stata un invito alla gioia e alla bellezza, perché sono una persona positiva, ottimista, che non porta rancore, che vede il meglio in ogni cosa, che cerca di aiutare gli altri in ogni circostanza.
In quanto alla domanda mai posta potrebbe essere: Tutte le persone che ha aiutato le sono state grate? Risponderei: “No. Ma non importa.”

