Una Tempesta che Colpisce Benetton, Coin, Conbipel, Geox e Furla
Il settore della crisi delle catene di moda in Italia sta attraversando una crisi profonda che coinvolge molte catene storiche, tra cui Benetton, Coin, Conbipel, Geox e Furla. Questo fenomeno non riguarda solo il rallentamento generale del mercato, ma anche la difficoltà di adattarsi a un modello economico in costante cambiamento.
Se da un lato il mercato del lusso sta rallentando, soprattutto in Asia, dall’altro si spera in una ripresa grazie al mercato americano. Tuttavia, in Italia, le previsioni non sono ottimistiche: gli acquisti sono in calo, e secondo una ricerca di SWG per Centromarca, quest’anno il 35% degli italiani spenderà il 24% in meno rispetto al Natale 2023, concentrandosi principalmente su beni alimentari e per la cura della persona piuttosto che su abbigliamento e accessori.
La crisi è accentuata anche da fattori strutturali, come il mancato investimento sul Made in Italy, un settore che non riesce più a mantenere la sua competitività globale.
Le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) non decollano, con numerosi dossier sul lusso ancora fermi e compravendite rimandate a causa dell’incertezza che grava sul mercato. Tuttavia, gli analisti prevedono che il settore potrebbe recuperare nel secondo semestre del 2025, sebbene l’attesa sia lunga e incerta.
OVS: L’Unico Caso di Successo in un Settore in Sofferenza
In questo contesto negativo, però, emerge un’eccezione: OVS. La catena di moda, pur tra le difficoltà, sta riuscendo a navigare con successo grazie a una serie di investimenti strategici, in particolare nel marketing e nel branding.
OVS, infatti, ha recentemente lanciato un nuovo marchio, OVS Piombo, frutto della collaborazione con il noto stilista Massimo Piombo, e questo progetto sta portando risultati positivi. Con una forte attenzione al rinnovamento e all’innovazione, la compagnia, guidata dall’amministratore delegato Stefano Beraldo dal 2005, sembra in grado di chiudere il 2024 in crescita, mettendo in luce una resilienza che sfida la crisi generale del settore.
Benetton: La Crisi di un Gigante del Made in Italy
La situazione di Benetton è ormai sotto gli occhi di tutti, con un numero crescente di negozi storici che abbassano le serrande. Un esempio emblematico è quello che sta accadendo a Bari, dove il famoso Palazzo Mincuzzi, situato in via Sparano, è a rischio chiusura. Questo scenario genera un misto di malinconia tra i consumatori storici del marchio e preoccupazione tra i numerosi dipendenti, che, con l’approssimarsi delle festività, vedono il proprio futuro sempre più incerto.
La crisi aziendale di Benetton non è una novità: la sua lenta discesa ha radici che affondano già in diversi anni fa. Nel 2023, il gruppo ha chiuso il bilancio con una pesante perdita operativa di 113 milioni di euro e una perdita complessiva di 230 milioni. Nonostante ciò, la famiglia Benetton, che ha lasciato il consiglio di amministrazione, ne mantiene ancora il controllo, una situazione che ha suscitato dubbi e discussioni sul futuro del brand.
Molti esperti ritengono che la crisi sia legata a diversi fattori, tra cui il branding danneggiato dalla tragedia del crollo del ponte Morandi, in cui la famiglia Benetton fu coinvolta, e a una strategia di marketing inefficace. Il marchio, infatti, non riesce più a competere con i giganti del fast fashion e i brand emergenti a prezzi accessibili. La speranza di una ripresa, che sembrava esserci con l’arrivo del direttore creativo Andrea Incontri, è svanita con il suo addio, lasciando dietro di sé una sensazione di amarezza. In sostanza, la crisi di Benetton si manifesta nel fallimento di un management che non è riuscito a risollevare il marchio, nonostante i tentativi di rinnovamento.
Coin: Un Brand Storico a Rischio, Tra Chiusure e Debiti
Coin, uno dei principali protagonisti del panorama retail italiano, sta attraversando un periodo buio che ha visto la chiusura di uno dei suoi punti vendita storici al centro commerciale Le Gru di Grugliasco, in provincia di Torino. Un segno evidente delle difficoltà che stanno attraversando le sue operazioni. Anche i negozi di Lecce, Parma e Taranto sono in bilico, lasciando i dipendenti e i consumatori preoccupati per il futuro.
Il gruppo si trova ad affrontare una situazione critica, con debiti che ammontano a 80 milioni di euro e circa 1.500 lavoratori a rischio. Coin conta 35 magazzini in Italia, senza considerare oltre 130 punti vendita in franchising. Nonostante la grave situazione, il brand ha cercato di rilanciarsi con la riapertura dello store a Piazza Cordusio a Milano, un’operazione che ha l’obiettivo di ridare visibilità e appeal al marchio.
A pesare sulla crisi di Coin è principalmente lo scarso appeal che il marchio riesce a generare nel pubblico, ormai conquistato dai concorrenti, come Rinascente, che offre una proposta più moderna e accattivante. Inoltre, il piano di azione del brand, che comprende numerosi marchi sotto il suo ombrello, sembra ormai insostenibile, con negozi che non riescono a risolvere i problemi di localizzazione e restano poco attrattivi per i nuovi target di consumatori. Coin sta diventando, così, un luogo nostalgico per un pubblico più tradizionale, incapace di stare al passo con le tendenze del mercato.
In questo scenario, il marchio rischia di perdere ulteriori quote di mercato, se non dovesse riuscire a rinnovarsi e adattarsi alle nuove esigenze dei consumatori, soprattutto in un contesto economico in continuo cambiamento.
Conbipel: Una Storia di Alti e Bassi, Ora a Rischio di Liquidazione
Conbipel, storica catena di abbigliamento fondata in Piemonte da Franco Massa nel 1958, ha attraversato una lunga serie di difficoltà che hanno segnato il suo declino. Già nel 2007, il brand aveva cominciato a mostrare segni di crisi, tanto che venne venduto al gruppo Oaktree di Los Angeles. Successivamente, nel 2016, la proprietà passò a Brookfield, gruppo canadese che annunciò un piano quinquennale per rilanciare il marchio.
Tuttavia, nel marzo 2020, Conbipel si trovò a dover presentare domanda di concordato preventivo al tribunale di Asti, segnando un punto di non ritorno per l’azienda. Il tribunale nominò un commissario giudiziale con l’incarico di cercare nuovi investitori, ma le trattative non portarono a nulla di concreto, tanto che nell’ottobre dello stesso anno l’azienda fu posta in amministrazione straordinaria.
Conbipel: Tra Storia e Crisi, Il Futuro del Marchio
Nel 2022, il Ministero dello Sviluppo Economico, riconoscendo il marchio come di interesse storico, approvò un’operazione di rilancio, destinando 7,8 milioni di euro per salvaguardare i posti di lavoro dei circa 167 punti vendita in Italia.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, la situazione non è migliorata e, nel luglio dello stesso anno, BTX Italian Retail and Brands S.p.A. acquisì il ramo operativo e il marchio Conbipel, con l’obiettivo di un nuovo rilancio. Ma la situazione si fa sempre più critica: la morte del fondatore Franco Massa, avvenuta il 6 marzo 2023, ha segnato un ulteriore colpo per l’azienda.
Oggi, la BTX ha annunciato l’intenzione di chiudere 50 negozi entro il 2025 e sta trattando con potenziali acquirenti come OVS e UniGross, ma senza garanzie per i lavoratori. Le offerte per il marchio non coprono l’intero perimetro aziendale, mettendo a rischio i posti di lavoro e il futuro del brand.
Questa crisi profonda, legata a un modello di investimenti stagnante e a una gestione poco innovativa, sembra aver portato Conbipel a un punto di non ritorno, con poche speranze di una vera ripresa nel breve periodo.
Geox: Un Brand in Difficoltà, Tra Chiusure e Perdita di Mercato
Geox, l’azienda veneta fondata nel 1995 e quotata in borsa a Milano dal 2004, continua a lottare contro una crisi che sembra acuirsi sempre più. Le ultime trimestrali del 2024 confermano l’andamento negativo del brand, con il calo delle vendite che sta pesando soprattutto nelle aree chiave come il Medio Oriente e l’Europa.
La strategia di affidare il proprio business a terzi, tra cui multi-partecipanti e franchising, non ha prodotto i risultati sperati. Questi partner, infatti, non sono riusciti a mantenere i valori del marchio e a comunicare adeguatamente le intenzioni aziendali, portando a una perdita di identità e di attrattività nei mercati di riferimento.
Le difficoltà si riflettono nei numeri: Geox ha dovuto chiudere 58 punti vendita, di cui ben 14 negozi diretti. In totale, il numero di negozi globali è sceso da 655 a 618. Le perdite maggiori si sono verificate proprio nel canale franchising, segno che le operazioni esternalizzate sono particolarmente vulnerabili e difficili da controllare, con il brand che fatica a mantenere una gestione unificata e coerente.
Geox in Crisi: La Strategia per Superare le Difficoltà
Per cercare di invertire la tendenza, Geox ha annunciato di voler elaborare un piano strategico per il periodo 2025-2027, con l’obiettivo di rilanciare il marchio e di riorganizzare la sua rete di distribuzione.
Nel frattempo, la compagnia ha deciso di chiudere tutte le attività dirette in Cina e negli Stati Uniti, modificando il proprio modello operativo e cercando di razionalizzare i costi per migliorare la redditività. Questo cambiamento di strategia indica un tentativo di adattarsi meglio alle nuove dinamiche globali, ma rimane da vedere se sarà sufficiente a risollevare le sorti di un brand che ha visto un notevole declino nel corso degli ultimi anni.
L’incertezza resta alta, e Geox dovrà affrontare sfide cruciali per tornare a essere competitivo in un mercato che sta diventando sempre più affollato e difficile.
Furla: Dalla Crescita alla Crisi, Il Rilancio è Possibile?
Furla, storico marchio di pelletteria italiano fondato nel 1927 a Bologna da Aldo e Margherita Furlanetto, ha scritto una lunga e gloriosa storia nel panorama del lusso e degli accessori femminili.
Dopo aver aperto il primo negozio a Bologna nel 1955 e aver continuato ad espandersi con flagship store prestigiosi, come quello di Milano Duomo nel 2013 e il Palazzo Furla nel 2015, il brand ha goduto di grande successo, con oltre 467 negozi in 100 paesi entro il 2018. Durante quegli anni, Furla ha consolidato la sua presenza nei mercati globali, con una crescita significativa nelle vendite in Giappone e nella regione Asia-Pacifico.
Tuttavia, la situazione è cambiata drasticamente nel 2024. Furla ha fatto ricorso alla composizione negoziata per risolvere i suoi debiti finanziari, avviando un processo di rifinanziamento e ristrutturazione con l’obiettivo di risanare la situazione.
A questo proposito, l’azienda ha stanziato 25 milioni di euro per affrontare la crisi. Le perdite nei bilanci 2021 e 2022 hanno segnato il declino del brand, anche se non si hanno ancora dati ufficiali per il 2023. Secondo il CEO di Furla, Giorgio Presca, il 2023 ha avuto un “primo semestre positivo e un secondo difficile”, con il secondo semestre influenzato negativamente da un mercato volatile, in particolare quello cinese, che ha registrato performance inferiori alle attese.
Il Rilancio di Furla: Nuove Strategie per Superare la Crisi
Il debito del marchio, che alla fine del 2022 ammontava a 154 milioni di euro, ha avuto un impatto significativo sulle operazioni aziendali, nonostante i ricavi per 336,5 milioni di euro. In questo scenario difficile, Furla ha deciso di affidarsi a un nuovo CEO, Eraldo Poletto, già amministratore delegato del brand in passato, sperando che la sua esperienza e visione strategica possano rilanciare il marchio. Furla sta affrontando una fase delicata, e il futuro dipenderà dalla sua capacità di adattarsi alle nuove dinamiche del mercato globale e di rinnovare il suo modello di business per riconquistare la competitività.
Nonostante la situazione critica, Furla resta un marchio con una lunga tradizione di qualità e stile, e la sua resilienza potrebbe permettergli di superare le sfide attuali, se saprà reagire prontamente alle difficoltà economiche e rimanere al passo con le esigenze dei consumatori.
Lezione dalla Crisi delle Catene di Moda
La crisi che ha colpito le catene di moda italiane, come Benetton, Coin, e Geox, offre spunti significativi per tutte le imprese, non solo quelle del settore moda.
La lezione principale è che il marketing e il branding non sono più due facce della stessa medaglia: oggi sono due strategie separate che devono essere gestite in modo autonomo ma complementare.
Ogni azienda deve investire senza sosta per migliorare entrambi, soprattutto in un mercato competitivo e in continua evoluzione.
Il Caso Benetton: Il Danno al Branding
La situazione di Benetton dimostra quanto sia pericoloso danneggiare il branding di un’azienda. Quando il brand è compromesso, il recupero è arduo, e spesso è necessario fare un passo indietro per capire dove si è sbagliato. La crisi di Benetton non è solo una questione di prodotto, ma una questione di immagine e reputazione che non è stata preservata nel tempo.
Coin e il Fallimento del Marketing
Il caso di Coin evidenzia un’altra lezione cruciale: non investire nel marketing e nelle strategie di comunicazione può essere letale.
Brand concorrenti, come Rinascente, hanno preso il posto di Coin proprio grazie a una comunicazione più efficace e un marketing mirato che ha saputo rispondere meglio alle esigenze del mercato.
Rimanere ancorati a modelli superati senza un rinnovamento rischia di isolare un brand in un mercato sempre più dinamico.
L’Importanza della Leadership e dei Modelli Orizzontali
In un contesto così complesso, è fondamentale che le aziende siano guidate da leader capaci di leggere il momento e orientare la società verso nuove soluzioni. Non basta un buon curriculum: serve la visione imprenditoriale, il fiuto per gli affari, e la capacità di adattarsi ai cambiamenti.
Un esempio positivo di questa dinamica è OVS, che ha saputo reinventarsi e rispondere con successo alle sfide del mercato. La vera forza delle imprese di oggi non sta nei modelli piramidali rigidi, ma nella flessibilità, nelle relazioni orizzontali e nella capacità di innovare.
La Vera Forza è l’Adattabilità
Infine, la crisi delle catene dimostra che non basta avere un buon franchising o un marchio in licenza per avere successo. Se chi gestisce non crede nel valore dell’azienda, nei suoi principi e nel suo potenziale, il risultato sarà inevitabilmente negativo.
Oggi le imprese devono guardare a modelli orizzontali, dove la comunicazione, il marketing e la leadership non sono solo idee, ma azioni concrete e sinergiche per salvaguardare e far crescere il made in Italy nel panorama globale.