I numeri del primo trimestre 2025 raccontano molto più di un calo momentaneo
crisi Kering 2025 – Si parla spesso di congiuntura quando le cose vanno male. È un termine che ammorbidisce il colpo, che suggerisce una crisi temporanea, passeggera, quasi inevitabile. Ma il caso di Kering — colosso mondiale del lusso — va oltre il semplice rallentamento economico.
I numeri del primo trimestre del 2025 non sono solo un indicatore di performance aziendale: sono lo specchio di un settore intero che si interroga sulla propria identità e sulla propria rilevanza nel mondo contemporaneo.
La moda non seduce più come prima
Il fascino della moda — quella con la M maiuscola, fatta di sogni, visione, rottura, cultura — sembra progressivamente scivolare verso un angolo marginale dello scenario culturale e commerciale globale. La sovrapproduzione, l’omologazione estetica e una dipendenza eccessiva dai numeri e dalla finanza hanno progressivamente svuotato di significato il concetto stesso di lusso. Il consumatore, oggi, cerca altro: autenticità, innovazione reale, senso. Non basta più il logo o l’heritage: serve una proposta radicalmente nuova.
I numeri di Kering nel primo trimestre 2025
Nel dettaglio, Kering ha registrato ricavi per 3,883 miliardi di euro, in calo del 14% sia su base riportata che comparabile. Una flessione che non si può liquidare come un semplice inciampo. Le vendite nella rete retail direttasono scese del 16% su base comparabile, con l’Asia-Pacifico a -25% e rallentamenti marcati anche in Europa occidentale (-13%), Nord America (-13%) e Giappone (-11%).
La rete di negozi gestiti direttamente è stata ridotta: 25 chiusure nette, per un totale attuale di 1.788 punti vendita.
Anche la divisione Wholesale ha subito un duro colpo: -23% su base comparabile per le Maison, parzialmente compensato dalla crescita di Kering Eyewear (+2%) e delle Royalties (+11%).
Ecco i dettagli dei principali brand:
Brand | Q1 2025 | Q1 2024 | Variazione riportata | Variazione comparabile |
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Gucci | 1.571 M€ | 2.079 M€ | -24% | -25% |
Yves Saint Laurent | 679 M€ | 740 M€ | -8% | -9% |
Bottega Veneta | 405 M€ | 388 M€ | +4% | +4% |
Altre Maison | 733 M€ | 824 M€ | -11% | -11% |
Kering Eyewear e Corporate | 558 M€ | 536 M€ | +4% | +3% |
Gucci: nuovo Direttore Artistico, vecchi problemi
Il caso più eclatante è quello di Gucci, che perde il 25% dei ricavi nel trimestre. Le vendite retail sono crollate, il traffico nei negozi è scarso, e nemmeno le nuove borse (come la linea Softbit) sono bastate a invertire la rotta. La nomina di Demna come nuovo Direttore Artistico, dopo l’addio a Sabato De Sarno, rappresenta un cambio di passo importante — ma non un miracolo annunciato.
Yves Saint Laurent e la resilienza selettiva
YSL limita i danni con un -9%, mantenendo una certa solidità in Europa e negli Stati Uniti. In crescita le royalties, ma forte calo nel wholesale (-24%). Anche qui, il sistema scricchiola.
Bottega Veneta: l’eccezione virtuosa
Una delle poche note positive nel primo trimestre di Kering arriva da Bottega Veneta, che ha registrato una crescita del 4%. In particolare, le vendite nella rete retail diretta sono aumentate del 7%, contrastando il calo generale del mercato del lusso.
Il successo del brand è il risultato di una visione coerente e raffinata, sviluppata sotto la direzione creativa di Matthieu Blazy. Il designer ha saputo dare al marchio una forte identità, unendo artigianalità italiana e un’estetica sofisticata. Questo approccio ha attratto una clientela globale in cerca di qualità ed esclusività.
Tuttavia, Blazy ha recentemente lasciato Bottega Veneta per Chanel. La sua partenza segna un punto di svolta per il brand. Il suo successore, Louise Trotter, porta con sé un’importante esperienza, ma sarà difficile mantenere lo stesso livello di coerenza creativa che ha contraddistinto gli ultimi anni.
Il rischio è che il cambiamento di direzione possa compromettere la forza di Bottega Veneta. Il marchio ha bisogno di una continuità stilistica per non perdere l’identità che lo ha reso uno dei più desiderabili nel panorama del lusso.
Le Altre Maison: un mosaico disomogeneo
Nel segmento “altre Maison”, la performance è altalenante: Balenciaga tiene grazie alla pelletteria, McQueen arretra, Brioni cresce in Europa e Nord America. Ottime le performance di Pomellato, Boucheron e Qeelin, che testimoniano come la gioielleria sia forse l’unico comparto realmente in salute.
Strategie finanziarie e disinvestimenti
Il gruppo ha finalizzato alcune importanti operazioni:
- La vendita di The Mall Luxury Outlets a Simon, per 350 milioni di euro.
- Un accordo con Ardian per la cessione di tre immobili di pregio a Parigi, generando 837 milioni di euro.
- La presenza stabile nella CDP Triple A List, che sottolinea l’impegno ambientale del gruppo.
Il bivio: numeri o significato?
Tutti questi dati dimostrano che la crisi è profonda, strutturale, culturale. Non sarà un solo direttore creativo a salvare la situazione, né una nuova linea di borse o una campagna pubblicitaria. Serve una revisione del modello. Il lusso non può più basarsi su quantità, esclusività artificiale e storytelling vuoto. Serve tornare alla realtà: osservare la società, dialogare con l’evoluzione del gusto, ascoltare davvero il proprio pubblico.
La moda deve chiedersi non solo “quanto vendiamo?”, ma “che cosa stiamo dicendo al mondo?”. E se non troverà presto una risposta, rischia di diventare irrilevante — anche con i bilanci in ordine.