Fondazioni e Futuri. La moda come architettura del presente
Dhruv Kapoor ha svelato la sua collezione SS26, confermando ancora una volta la sua capacità di trasformare la passerella in un luogo di narrazione e visione. In un calendario fitto di eventi, il suo show è emerso come uno dei momenti più attesi, capace di catalizzare l’attenzione non solo degli addetti ai lavori, ma anche di un pubblico internazionale sempre più sensibile alla sua ricerca estetica.
Con un linguaggio che intreccia tradizione e contemporaneità, radici indiane e raffinatezza milanese, Kapoor riafferma il proprio ruolo come voce indipendente e visionaria, capace di offrire alla moda un punto di vista che supera i confini geografici e culturali. La sua SS26 non è solo una collezione, ma un manifesto sul presente e sul futuro della moda: un esercizio di identità, ribellione e continuità.
Il percorso di un talento cosmopolita
Nato in India nel 1988, Kapoor ha mosso i suoi primi passi proprio a Milano, città che resta per lui una seconda casa creativa. Dopo aver completato un Master in Fashion Design presso l’Istituto Marangoni, ha lavorato nel team womenswear di Etro, affinando lo sguardo sul dialogo tra tradizione e modernità. Nel 2013 il ritorno in India e, l’anno successivo, la nascita dell’omonimo marchio. La sua prima capsule collection debutta nel 2014, segnando un percorso che da subito si distingue per originalità e coraggio.
La passerella come rito
La collezione SS26, intitolata “Fondazioni e Futuri”, si apre con una scenografia di forte impatto: una passerella ricoperta di terra rossa, che taglia lo spazio con geometrie nette e ritmiche. Un paesaggio quasi primordiale, ma al tempo stesso contemporaneo, che mette in dialogo le radici della memoria con l’architettura urbana. Non un semplice fondale, ma una metafora visiva del percorso creativo di Kapoor: il passato e il futuro che si incontrano, intrecciandosi in un unico atto.
La sfilata è co-ed, scelta che ribadisce la volontà del designer di superare i confini di genere e di proporre un linguaggio universale. In questa cornice, ogni look non è mai un costume o un artificio, ma un’estensione naturale del corpo. Kapoor costruisce abiti che riflettono chi li indossa, permettendo all’identità di emergere e ridefinirsi con forza nel presente.
Abiti come architetture del presente
Kapoor rifiuta l’idea di nostalgia o citazione sterile: i suoi non sono pezzi storici, ma architetture contemporanee. Nelle sue parole:
“il corpo conserva ricordi ed esperienze come un’impalcatura che ci sostiene. Gli abiti, allora, sono rituali e ribellioni: strumenti di cambiamento, capaci di rendere il corpo e la sua memoria incrollabili.”
La collezione alterna linee strutturate e fluidità dinamiche, tessuti leggeri che danzano con il movimento, dettagli scultorei che radicano lo sguardo. L’equilibrio è costante: ogni capo diventa testimonianza di un’identità che si rinnova senza perdere continuità.
Dall’archetipo alla reinvenzione
Backstage, accanto al moodboard, cinque capi bianchi di cotone raccontano il punto di partenza creativo: la kurta, il bandhgala, gli slip, il petticoat e una canotta dallo scollo squadrato. Archetipi del guardaroba indiano, che Kapoor reinterpreta come fondamenta di un linguaggio globale.
In passerella, i petticoat diventano gonne drappeggiate e ricamate, le canotte si trasformano in minidress coperti di perline, le gonne a matita si allungano fino alla caviglia e si abbinano a camicie fluide dalle proporzioni maschili. Il tailoring si alleggerisce, arricchito da cinture a catena con cristalli pendenti, mentre i look maschili giocano con la disinvoltura: pantaloni morbidi in marrone abbinati a camicie a righe, con colli drappeggiati che richiamano la tradizione del dupatta.
Non mancano le giustapposizioni audaci: ricami floreali sovrapposti a quadretti vichy, stampe oversize in stile block print su denim. Scelte che parlano al pubblico più giovane, ricordando l’estetica streetwear con cui Kapoor aveva conquistato Milano nelle stagioni precedenti.
La collaborazione con Paloceras
A completare il racconto, la collaborazione con il brand svizzero Paloceras, noto per i suoi occhiali scultorei che uniscono arte digitale e artigianato. Montature audaci, ispirate a miti, natura e mondi virtuali, hanno punteggiato i look, amplificando il senso di identità ibrida e sperimentale che attraversa tutta la collezione.
Kapoor 2.0: la nuova fase creativa
Pur mantenendo lo streetwear come elemento cardine del suo successo commerciale, Dhruv Kapoor dimostra di voler andare oltre. Con la collezione SS26 inaugura una fase nuova, più matura e consapevole, che lui stesso definisce Kapoor 2.0: un’estetica capace di bilanciare giovinezza e rigore, fluidità e struttura, ribellione e ritualità.
È un’evoluzione che non rinnega il passato, ma lo ingloba e lo rielabora con una raffinatezza inedita.
Un futuro vestito di memoria
La chiusura della sfilata sancisce il senso profondo del progetto: per Kapoor il futuro non nasce mai da zero, ma si costruisce su radici e ricordi. Ogni capo diventa ponte tra ciò che è stato e ciò che sarà, unendo continuità e trasformazione. Con Fondazioni e Futuri, lo stilista consegna a Milano non solo una collezione, ma un vero manifesto di identità e cambiamento. Una moda che non si limita a vestire il corpo, ma che lo accompagna come linguaggio, simbolo e spazio di libertà.




