Viaggi, visioni e radici: il Sud del mondo diventa la nuova eleganza globale
Durante la Milano Design Week di giugno 2025, il sipario si alza su una delle sfilate più attese della stagione: Emporio Armani SS26, che conferma la sua centralità nel panorama della moda maschile contemporanea.
Un evento importante, segnato da un’assenza che pesa come un simbolo: Giorgio Armani non è in sala. Il Re della moda milanese è in convalescenza dopo un breve ricovero e ha scelto di rimandare la sua presenza pubblica alla prossima haute couture parigina. Ma non ha mai lasciato davvero la guida. Si racconta che abbia diretto ogni dettaglio della collezione anche da remoto, collegato via FaceTime, infondendo nei suoi collaboratori quella dedizione inossidabile che da sempre lo contraddistingue.
Un’assenza che è anche presenza, un vuoto carico di significato. Come un vero maestro, Armani manda un messaggio che va oltre il fashion system: l’amore per il mestiere, la resilienza, l’etica del lavoro. La moda, per lui, non è solo estetica, ma responsabilità e continuità.
Emporio: un’identità che si impone
Negli ultimi anni Emporio Armani ha guadagnato uno slancio creativo e commerciale che ne fa un pilastro imprescindibile della fashion week milanese, quasi a fare ombra al marchio “principale”. La coerenza della visione e la capacità di reinventarsi senza perdere l’identità lo rendono un brand attualissimo, ma mai piegato ai capricci volatili del trend.
Viaggio, multiculturalismo, artigianato: sono queste le parole chiave che costruiscono la grammatica stilistica della SS26. Un viaggio nel Sud del mondo, ma anche nel cuore dell’uomo moderno, che ricerca radici e libertà, tradizione e apertura.
Una sfilata come un miraggio d’Africa
Il set è un’oasi metafisica: tende leggere, sabbia chiara, una pavimentazione sbiancata dal sole. L’immaginario rimanda al deserto, ai caravanserragli, ai territori remoti. Un palcoscenico evocativo che è già racconto. Il viaggio comincia con un “safari tecnico”, vestito di funzionalità e linee pulite. La palette è quella armaniana per eccellenza: beige, sabbia, kaki, tortora, bianco. I primi look firmati EA7 aprono la narrazione: maglie elasticizzate, pantaloncini tecnici, giacche a vento impalpabili, pantaloni in nylon, accessoriati con turbanti e cappellini da esploratore. Il viaggio è sportivo, urbano, funzionale.
Ma poi l’Africa cambia volto. Diventa emozione e simbolo, letta attraverso il filtro sofisticato di Armani. È un omaggio raffinato, mai folkloristico, una rilettura personale che trasforma l’artigianato in alta sartoria. Le influenze locali si intrecciano con la visione globale. È un lusso nomade, che racconta l’uomo come viaggiatore e testimone del mondo.
Artigianato, fluidità, sensualità
La collezione si apre ai materiali nobili e naturali: lino, juta, crêpe, seta. Le silhouette si ammorbidiscono, si allungano, diventano più libere, ariose, fluide. Camminano sulla passerella uomini affascinanti e disinvolti: indossano djellaba in camoscio, sarouel a righe, poncho in maglia, sciarpe con frange, pantaloni jacquard, tuniche di seta sotto blazer destrutturati, mantelli lucidi, top di perline di legno intrecciate.
Le calzature — sabot di cuoio, scarpe intrecciate, infradito con suola spessa — raccontano un’eleganza radicata nella manualità. I dettagli sono tutto: ricami preziosi, decori tribali, plastron lucidi, perline, nappe, tessuti traforati, motivi che mimano i tappeti berberi. La moda diventa tessitura narrativa, capace di fondere storia, geografia e desiderio.
Gli accessori completano il quadro con forza e poesia: chéchia, cappelli in rafia, gilet con frange, borse intrecciate, ciondoli, collane oversize. Ogni dettaglio parla un linguaggio ibrido, dove l’etnico diventa universale.
Il Sud del mondo diventa visione globale
Il climax della sfilata arriva con i capi da sera: completi-arazzo in seta, fili d’oro intrecciati, damascati dai riflessi infuocati. Oro, ocra, rame e argento danno una nuova luce alla notte africana. La sera si fa sontuosa, calda, ipnotica.
Questa estetica non è inedita per Armani: è lo stesso immaginario che aveva disegnato nel 1990 per i costumi del film Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci. Ma oggi, più che mai, assume un nuovo significato. Non è solo estetica esotica: è una riflessione sull’attualità. In un mondo in cui il Sud globale è lacerato da guerre, cambiamenti climatici, migrazioni forzate, la moda può e deve parlare. E Armani lo fa con classe e coscienza.
Contro la retorica del quiet luxury
Emporio Armani SS26 segna una rottura netta con il minimalismo elitario del quiet luxury. Qui l’eleganza è calda, tattile, affettiva. È un’eleganza che non si vergogna della decorazione, che osa la sensualità, che mette in scena un uomo libero, spirituale, sensibile, a suo agio tra dune e palazzi arabi, tra il silenzio del deserto e la confusione del mondo.
Una collezione che non vuole piacere a tutti, ma parlare a chi ascolta davvero. Perché, come dice lo stesso Armani, “la vera eleganza è quella che resiste al tempo, ai confini e alle mode”. E questa collezione lo dimostra in ogni punto, in ogni cucitura, in ogni granello di sabbia.



