Una nuova era tra surrealismo, colore e rigore materico

Alla Paris Fashion Week di ottobre 2025, la sfilata Loewe primavera/estate 2026 ha segnato uno dei momenti più attesi della stagione: il debutto di Jack McCollough e Lazaro Hernandez come nuovi direttori creativi della maison spagnola.

Conosciuti dal pubblico internazionale come i fondatori di Proenza Schouler, i due designer americani hanno scritto il primo capitolo di una nuova storia per Loewe, aprendo una fase completamente diversa rispetto all’era visionaria di Jonathan Anderson.

La loro prima collezione ha lasciato il segno: rigorosa e cromaticamente potente, ricca di giochi materici, sorprendente nel suo equilibrio tra ironia, sensualità e sperimentazione. Un debutto che si è chiuso con una standing ovation, consacrando l’ingresso del duo nell’Olimpo delle grandi maison europee.

Un passaggio epocale

La transizione alla nuova direzione creativa non era affatto semplice. Jonathan Anderson, negli ultimi dieci anni, aveva trasformato Loewe in un laboratorio di idee visionarie: le sue collezioni non erano solo abiti, ma eventi culturali capaci di fondere moda, arte e surrealismo. Chiunque ereditasse il suo posto avrebbe dovuto confrontarsi con un’eredità ingombrante e con le aspettative altissime del pubblico e della critica.

McCollough e Hernandez hanno raccolto questa sfida partendo dalle fondamenta stesse della maison. Loewe è un marchio con quasi due secoli di storia, costruito sulla pelle e sull’artigianato spagnolo, due pilastri che non potevano essere ignorati. La loro risposta non è stata quella di imitare Anderson o di stravolgere tutto, ma di proporre un linguaggio nuovo, immediatamente leggibile.

La collezione presentata è costruita su elementi chiari e riconoscibili: forme essenziali, silhouette scolpite con rigore, colori primari che esplodono sulla passerella e un lavoro continuo sulla trasformazione della materia. La pelle diventa tessuto, la materia si reinventa, e in questo processo si ritrova l’impronta personale del duo: lo stesso approccio già sperimentato con Proenza Schouler, ma qui fuso con l’heritage spagnolo di Loewe. Il risultato è un linguaggio estetico inedito, che guarda al futuro senza cancellare le radici.

Il setting e l’atmosfera dello show

La sfilata si è tenuta alla Cité Universitaire di Parigi, in un ambiente che univa rigore architettonico e richiami all’arte contemporanea. L’ingresso era dominato dall’opera Yellow Panel with Red Curve (1989) di Ellsworth Kelly, scelta come manifesto cromatico e materico. Questo segno artistico, forte e immediato, introduceva lo spettatore a una passerella che avrebbe giocato con gli stessi elementi: colore, geometria, contrasto e tattilità. L’allestimento era essenziale, senza eccessi scenografici, proprio per mettere al centro i capi, i materiali e i corpi che li indossavano.

In front row, il parterre era degno di un red carpet internazionale. Da Pedro Almodóvar a Emily Ratajkowski, da Tracee Ellis Ross a Sarah Paulson, passando per Levante e Milena Smit, celebrità e icone culturali si sono messe a sedere accanto a buyer e giornalisti. Un pubblico eterogeneo e internazionale, a sottolineare la portata globale del nuovo corso di Loewe.

Il ritmo della collezione

Il primo look ha subito fissato il tono: un abito dalle linee pulite, tagliato in blocchi cromatici netti, capace di racchiudere in sé rigore e energia. A seguire, un crescendo di silhouette scolpite e volumi morbidi, in un alternarsi di contrasti che diventano il leitmotiv della collezione. Le giacche in pelle sono super sagomate, con spalle definite e vita marcata, mentre i tubini blu elettrico o rossi acceso creano un impatto immediato. Non mancano le camicie oversizeabbinate a pantaloni a vita alta, né le stampe floreali e le righe che introducono leggerezza visiva senza spezzare il ritmo deciso dello show.

Accanto ai capi più rigorosi, emergono proposte ironiche e concettuali, pensate per stupire: gli abiti-asciugamano, drappeggiati come fossero semplici teli avvolti sul corpo, giocano con il confine tra quotidiano e couture; le borse diventano sculture morbide, maxi e volutamente lasciate aperte, fino ad arrivare al pezzo più discusso dello show, una borsa composta da elementi che ricordano cozze di mare, a metà tra surrealismo e artigianato.

Il ruolo dello sportswear

L’impronta americana di McCollough e Hernandez emerge con forza nelle incursioni dello sportswear. Parka dal taglio architettonico, bomber ridisegnati con spalle scolpite, giacche a vento che diventano sculture leggere, canottiere e polo rese couture, fino ad arrivare ai jeans a cinque tasche: capi quotidiani, quasi banali nella loro essenza, ma completamente trasformati dal filtro sartoriale del duo. Ogni indumento viene ripensato nella materia e nella forma, modellato come fosse un oggetto di design, talvolta plasmato in pelle o arricchito da costruzioni volumetriche che ne ribaltano la funzione originaria.

Il risultato è un guardaroba che si muove con agilità tra praticità e stile, pensato per una donna cosmopolita che vive la città, viaggia, lavora, e allo stesso tempo cerca abiti capaci di distinguersi. Non è semplice sportswear portato in passerella, ma una sua trasfigurazione couture.

Questo innesto urbano non snatura Loewe, anzi lo arricchisce: la maison mostra un volto più contemporaneo, più vicino alle strade delle metropoli globali. L’alternanza tra tubini severi e capi sportivi genera un dialogo inaspettato, un ritmo fatto di contrasti che diventa parte integrante della narrazione della collezione. È proprio in questo incontro tra rigore e dinamismo che prende forma il nuovo corso del brand.

L’artigianato ridefinito

L’anima più profonda di Loewe resta però l’artigianato, e in particolare la pelle. McCollough e Hernandez non tradiscono questa eredità, anzi la spingono a un livello ulteriore. La pelle non è più solo materiale nobile da lavorare, ma diventa terreno di sperimentazione concettuale. Viene trattata per sembrare lana, seta o cotone, oppure modellata fino a perdere la sua identità originaria. In questo modo, lo spettatore si trova costantemente sorpreso, costretto a mettere in dubbio le proprie certezze tattili e visive.

Non mancano dettagli ricercati e couture: gonne impreziosite da applicazioni tintinnanti, trench con grandi coulisse sulla schiena, abiti di lana scultorei che giocano con il volume, maglie annodate trasformate in top, décolleté stampate in 3D, maxi sfrangiature che si muovono a ogni passo. Tutto contribuisce a costruire una passerella viva, dinamica, sostenuta da una colonna sonora serrata che amplifica il ritmo dei look.

Una nuova grammatica per Loewe

Il debutto di McCollough e Hernandez è stato percepito come un passaggio riuscito, solido, capace di rispettare l’identità storica di Loewe senza rimanere prigioniero della sua eredità. La pelle, l’artigianato, l’eco della cultura spagnola continuano a vibrare nei capi, ma trovano una nuova traduzione in una moda più rigorosa, scultorea, costruita su silhouette nette e su un uso del colore che rompe con i toni neutri e beiges degli anni passati. È una collezione che riesce a unire due mondi apparentemente distanti: da un lato l’intelligenza concettuale della couture, dall’altro la concretezza di un guardaroba pensato per essere vissuto.

Se Jonathan Anderson aveva fatto di Loewe un laboratorio di sperimentazione visionaria, McCollough e Hernandez inaugurano un percorso diverso: meno astratto, più legato alla fisicità della materia, alla sua trasformazione continua, al suo potere di sorprendere quando cambia consistenza, forma, identità. Qui l’innovazione non si manifesta in gesti provocatori, ma nella costruzione quotidiana di un nuovo lessico estetico.

La collezione SS26 non è solo un debutto: è una dichiarazione di intenti. È il primo capitolo di una storia che annuncia rigore e immaginazione, colore e materia, tradizione e futuro. È l’avvio di una nuova grammatica visiva per Loewe, dove il linguaggio della pelle, dei volumi e dei colori si fa poesia contemporanea. Standing ovation meritata?

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Loewe SS26 – i look

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