La sacralità demodé della moda vorticosa e la “lista”
Nel 2025, Alessandro Michele entra nel cuore pulsante dell’haute couture, prendendo le redini della maison Valentino, dopo aver lasciato un segno indelebile nel mondo della moda con la sua lunga carriera da Gucci. Il suo debutto come direttore creativo di Valentino è uno degli eventi più attesi della moda internazionale. Questo debutto, insieme al contemporaneo arrivo di Glen Martens da Maison Margiela, crea un vortice di emozioni e di riflessioni nel mondo della moda, un mondo che, come ci insegna Michele, non è altro che un grande vortice di storie, abiti, colori e persone che si intrecciano.
Il debutto di Michele: la sfilata di Valentino
Michele sembra, infatti, proprio come il vortice che descrive: sempre alla ricerca di un equilibrio tra il caos e l’ordine, tra il passato e il presente, tra il nuovo e l’antico. La collezione presentata da Valentino ha il titolo evocativo di “Vertigineux”, una parola che immediatamente richiama alla mente il concetto di vertigine e caos. La sfilata si svolge in un ambiente affascinante e carico di simbolismo. A Parigi, durante una giornata piovosa, l’imponente Palais Brongniart si trasforma in uno spazio misterioso, immerso nel buio totale. Un grande schermo LED, dietro la passerella, proietta in rosso parole chiave scelte dal designer, parole che rappresentano l’essenza della sua visione: social, lavoro, casa, storia. Ogni parola appare come una riflessione costante di Michele sul mondo che lo circonda, un modo per interpretare il nostro tempo attraverso la sua visione personale e unica della moda.
La passerella: tra simbolismo e narrazione
La passerella, infatti, non è tradizionale: i modelli sfilano in modo inusuale, camminando lateralmente rispetto al pubblico, per poi fermarsi di fronte a una croce gialla al centro della passerella. Quando i modelli arrivano a metà del percorso, si girano e dietro di loro compare il numero del look. In questo gioco di luci e ombre, Michele evoca la sensazione di una narrazione in divenire, come se ogni abito fosse un capitolo di una lunga e complessa storia. Le parole chiave sullo schermo, quindi, non sono solo uno strumento decorativo, ma diventano un manifesto del pensiero del designer, che vuole trasformare la moda in un linguaggio che racconta il mondo in modo nuovo e provocatorio.
La musica e il simbolismo papale
La musica che accompagna la sfilata è solenne, quasi liturgica, come a sottolineare la sacralità di un atto che, pur rimanendo nell’ambito della moda, trascende i confini della semplice estetica. Alessandro Michele stesso ha sottolineato che tra Valentino e il Papa, a Roma, c’è un incontro simbolico. Per Michele, la moda diventa quasi una forma di sacralità, una forma di arte alta che racconta non solo la bellezza estetica, ma anche una riflessione profonda sul nostro tempo, sulle emozioni, e sulle storie che raccontiamo.
Le influenze filosofiche: Umberto Eco e la lista
In questa cornice, Michele attinge dalle riflessioni di Umberto Eco, in particolare dal suo libro “Vertigine della lista”, un’opera in cui il semiologo italiano esplora il concetto di lista, un elemento apparentemente semplice ma fondamentale per la cultura umana. La lista, secondo Eco, ha il potere di ordinare il caos, di creare una struttura, di mettere ordine nell’infinito. Così come in un museo gli oggetti sono catalogati, in un dizionario le parole sono elencate in ordine alfabetico, nella moda la lista è una forma di catalogazione che permette di navigare nel mare caotico delle idee e della creatività.
La reinterpretazione dell’archivio di Valentino
In questa prospettiva, Michele si fa interprete di una visione che non cerca solo di archiviare il passato ma che lo reinventa, lo mescola con il presente per creare qualcosa di nuovo e significativo. Il suo approccio all’archivio di Valentino è un po’ come quello di un curatore d’arte, un professionista che non si limita a custodire la storia ma che cerca di riscriverla, di trasformarla. Ogni abito diventa, quindi, non solo un vestito, ma una rappresentazione visiva, una riflessione sul tempo che passa, su come la storia si intreccia con il nostro presente.
Alta moda: libertà creativa e ricerca
In un’intervista, Michele ha raccontato che entrare nell’archivio di Vogue è stato per lui come intraprendere un vero e proprio viaggio nel tempo. Un viaggio che gli ha permesso di riscoprire le origini della moda, i fili invisibili che legano il passato al presente. Tuttavia, non si tratta di un atto puramente conservativo: la sua è una vera e propria reinterpretazione, un lavoro di trasformazione, dove la bellezza del passato non è solo custodita, ma è portata nel presente, rinascendo sotto nuove forme.
La sfida della sintesi
Il concetto di alta moda, come afferma Michele, va oltre la realtà quotidiana. Un abito da alta moda non risponde alle necessità della vita di tutti i giorni, ma è un’opera di libertà, una creazione che può essere concepita senza confini. Michele, che è sempre stato un critico delle restrizioni, afferma di ammirare la possibilità di lavorare in un contesto che non ha limiti. L’alta moda permette di distruggere i limiti, di dare vita a creazioni che sfuggono alla logica del quotidiano, come un flusso d’acqua che non conosce barriere. Eppure, Michele è anche consapevole che in questa libertà esiste una sfida. La sfida non è solo quella di essere creativi, ma anche di riuscire a dar forma a una creatività che non sia troppo dispersiva. La libertà assoluta può, infatti, rischiare di essere troppo confusa, troppo difficile da interpretare.
Ogni abito come una “lista sgrammaticata”
Ogni abito creato da Michele rappresenta una “lista sgrammaticata”. Non si tratta di un elenco perfetto, né di un tentativo di esprimere un concetto finale e definitivo. Ogni abito è una giustapposizione di significati, un continuo accumulo che sfida il concetto di linearità e di perfezione. Gli abiti sono cataloghi di storie che spaziano dalla biografia personale del designer a influenze artistiche, filosofiche, botaniche, storiche e musicali. Michele crea una rete di connessioni che sfida i limiti del visibile e del dicibile, producendo una vera e propria cartografia vivente di significati, un “archivio narrativo” in cui ogni abito diventa un punto di riferimento di un mondo che continua a espandersi.
La costellazione di visioni e la molteplicità incompiuta
Con ogni look, Michele non si limita a creare abiti, ma costruisce una stratificazione febbrile di riferimenti e memorie. Le sue creazioni non si esauriscono in ciò che è visibile: ogni tessuto, ogni cucitura, ogni traccia di colore è un rimando a una pluralità di mondi interconnessi, un continuo riferimento a storie e simboli che non sono mai del tutto definitivi. Ogni abito diventa così una costellazione di visioni, che non si conclude mai, che continua a esplodere in una molteplicità incompiuta.
La ricerca di sintesi e il viaggio fuori dal vortice
Michele, nel suo nuovo ruolo alla maison Valentino, sembra voler fare un viaggio attraverso l’infinito, esplorando un mondo di possibilità che sfida ogni sintesi. In una sfilata di 48 look, ogni abito diventa una storia a sé stante, un capitolo di una biblioteca infinita che racconta storie e memorie che non possono mai essere completamente contenute. Le influenze artistiche, i rimandi storici, le citazioni culturali e i simboli che si intrecciano in ogni abito sono il materiale grezzo di un’opera che non si conclude mai.
La sfida della sintesi creativa
Ma, nonostante la magnificenza e la profondità della sua visione, si sente un bisogno di sintesi. Mentre la moda diventa un vortice di emozioni e significati, la vera sfida per Michele sarà quella di trovare un equilibrio tra la sua creatività sconfinata e la necessità di un’interpretazione più chiara. Ogni abito, sebbene tecnicamente impeccabile e carico di simbolismo, a volte sembra essere travolto dalla stessa energia che ha cercato di canalizzare. Come un vortice che trascina tutto nel suo abbraccio, la sua collezione rischia di risultare troppo complessa, come se l’interpretazione finale sfuggisse al pubblico, che potrebbe essere sommerso dalla molteplicità di riferimenti.
In conclusione, l’approccio di Alessandro Michele alla haute couture 2025 è una ricerca incessante di libertà creativa, ma anche una sfida contro la stessa disperazione del caos. Il suo lavoro è la prova di quanto la moda possa essere, al contempo, un atto di rivoluzione e di sacralità. Ma la vera sfida sarà riuscire a canalizzare tutta questa energia, a trovare un linguaggio che non solo incanti, ma che sia anche accessibile e comprensibile, in grado di raccontare il caos senza perdere la sua bellezza.